Non sempre, per i più disparati motivi, durante la nostra vita di tutti i giorni, è possibile seguire un regime alimentare davvero adeguato. Non si tratta, come si potrebbe pensare, di qualche semplice “sgarro”, come il “peccato” della fetta di torta in più del solito o del bicchiere di troppo, ma di una vera e propria dieta prolungata e incapace di soddisfare, tanto in difetto quanto in eccesso, le esigenze del nostro organismo. Consumare più del dovuto specifici alimenti può tradursi nell’insorgenza di vere e proprie infiammazioni, andando a colpire specialmente quegli organi più coinvolti nei processi digestivi, come stomaco e intestino, depurativi, come il fegato, o legati alla circolazione sanguigna, come cuore e arterie.

Oggi, fortunatamente, grazie ad un semplice test, effettuabile in farmacia, è possibile rilevare la presenza di alcune “chitochine”, molecole proteiche che, in alcuni casi, possono rilevare la presenza, all’interno del nostro organismo, di processi infiammatori sistemici, tali da manifestarsi, il più delle volte, per cause dirette o indirette, in specifiche sintomatologie. La ricerca scientifica d’ambito immunologico spiega, ormai con prove molto più sicure di quanto non lo fossero in passato, che disturbi comunissimi, come artrite, cistiti, dermatite, cefalea ed emicrania, nonché tosse, riniti, gonfiori, cistiti, candidosi, gonfiore e stanchezza cronica, costituiscano delle “valvole di sfogo” di una condizione di instabilità che coinvolge tutto il nostro corpo, possibili indici di un’infiammazione.

A questo punto, è bene chiedersi: quali alimenti sono “responsabili” dell’insorgenza di questa particolare condizione di cattiva salute? Si tratta, a voler ben vedere, di prodotti innocui, che, però, se consumati secondo una cadenza scorretta o in eccesso, possono portare a conseguenze assai negative. Stiamo parlando, in soldoni, di frumento, glutine, latte e latticini, nonché di cibi fermentati o contenenti tracce di metalli, come il nichel. Dunque, non certamente il pane appena sfornato dal nostro fornaio di fiducia o un formaggio di malga, ma, soprattutto, di quelle pietanze, semilavorate o già pronte al consumo, rispetto alle quali è più difficile farsi una precisa idea di cosa contengano, mangiandone, dunque, spesso più del dovuto.

 Un valido alleato per valutare i livelli di infiammazione da cibo è il test RECALLER 2.0 tramite la misurazione di alcuni specifici indici, ossia il BAFF (fattore di attivazione delle cellule B, proteina che regola la produzione di anticorpi), PAF (fattore di attivazione delle piastrine, che ha un effetto infiammatorio e vasoattivo su diversi organi), TNFSF13B (un gene umano che codifica per la proteina BAF, una cui variazione può portare ad una maggiore predisposizione a patologie autoimmuni e infiammatorie) e IgG (immonuglobuline, che tendono ad aumentare all’assunzione eccessiva di determinati alimenti).

Dopo aver effettuato il test, un medico specializzato produrrà per il paziente un referto contenente una “dieta di rotazione”: essa consiste nel ridurre l’assunzione dei cibi appartenenti ai gruppi verso cui si risulta essere infiammati, escludendoli da alcuni pasti settimanali. Così facendo, l’infiammazione tenderà a scemare e l’organismo potrà riottenere una condizione di equilibrio e piena salute.

Per maggiori informazioni e per sottoporsi al test RECALLER 2.0, è possibile rivolgersi al personale della farmacia San Carlo, sita a Rovato, in piazza Cavour, n. 14.

Tel. 030 772 1100

Leonardo Binda