A Rovato per il corona virus ci sono stati oltre 150 morti. La domanda e la riflessione che segue intende entrare nel punto forse più dolente di questa pandemia e di questo stato di cose.  La vita di un giovane vale quanto la vita di un vecchio? Cinque secoli prima di Cristo un poeta greco rispondeva così.

Il pensiero e l’angoscia della morte, che normalmente gli umani cercano di allontanare, esorcizzare, rimuovere, si è presentato più concreto e assillante in tempi di pandemia.  Non è il caso di spiegarne le ragioni note a tutti.  Per i filosofi, il tema della morte, resta uno dei GRANDI TEMI e credo lo resterà ancora a lungo … così come è tema fondamentale nella tragedia greca. Questo momento irripetibile della storia umana ha rappresentato uno dei più importati apporti dati dall’antica Grecia alla civiltà occidentale.    Più di una figura femminile emerge e si impone in modo netto e ‘rivoluzionario’ sulla scena del teatro greco.      Ma di una giovane donna, che occupa i miei pensieri (ora,durante il covid!) vorrei parlare, nel momento in cui il rapporto giovani vecchi, vita e morte si contendono le  drammatiche stagioni che viviamo.     ALCESTI. 

Ultima superstite di una tetralogia presentata da Euripide nel 438 a.c. (le Cretesi, Alcmeone, il Telefo) trasmette nella tenera figura della protagonista dolore e pietà uniti a un altissimo sentimento di ammirazione.     La trama in breve.  Admeto re di Fere in Tessaglia ha ottenuto grazie ad Apollo di poter fuggire la morte che lo aspetta, a patto che qualcun altro accetti di morire al posto suo. Solo sua moglie Alcesti si dichiara disposta al sacrificio dopo che entrambi i vecchi genitori di Admeto hanno rifiutato.  Scene strazianti per il congedo della giovane donna dal marito e dai figli;  ‘Sole,luce del giorno, e voi vortici aerei della vagante nube  … Vado laggiù quando dovevo vivere.’ E commozione del coro. ‘ Ade, che porta laggiù tutti i morti, sappia che di la della livida palude la barca bireme traghettò la più virtuosa donna’ … ‘Lode di musici avrai su cetre settemplici e grande sarà la tua gloria negli inni senza lira’.    Ma alla casa immersa nel lutto arriva Eracle, ignaro di tutto, che Admeto accoglie con la solita ospitalità apparecchiandogli un pranzo sontuoso.  Durante il rito funebre Feres, padre di Admeto, ha con lui un’aspra contesa: egli rinfaccia al figlio di non aver evitato il sacrificio della moglie’ … tu che la seppellirai sei l’assassino … ’.     Asua volta questi lo rimprovera perché non ha accettato di morire in sua vece, nonostante abbia già goduto di una lunga vita. ‘ Non ti ho invitato a questo funerale, e non mi è cara qui la tua presenza‘.      E’ lo scontro di due egoismi in cui il poeta sembra essersi ripromesso di denunciare la miseria dei comuni mortali in confronto alla nobile magnanimità dell’eroina, ‘paradigma della grandezza tragica’ (D. Del Corno).    Ritorna Eracle ubriaco il quale apprende da un servo dell’accaduto. Egli corre allora ad affrontare Thanatos, il demone della morte che ha rapito Alcesti. Strappa la morta all’avversario e la riporta ad Admeto.     

      Dicevamo scontri di egoismi che la vecchiaia e l’attaccamento alla vita rendono ancora più drammatici nella sapiente costruzione del tragediografo greco (Salamina 480 a.c. Pella 406 ) il quale, forse più di altri poeti ha rappresentato l’animo e le passioni femminili in tutta la loro forza; nella ‘ragione’ di Medea, tradita e abbandonata coi suoi figli da Giasone …  o nella ‘ follia dionisiaca’ che travolge le donne nell’opera ‘Le Baccanti’ … Non è vero quindi che i vecchi siano migliori, più altruisti, più generosi.      Sono solo miseri esseri umani e la tragedia Alcesti lo esemplifica magistralmente.      Facendo entrare in scena Eracle, quasi in modo comico, nell’ultima delle quattro tragedie, alcuni studiosi hanno sostenuto che Euripide volesse alleggerire l’angoscia di un pubblico  teso nel dolore per la morte della loro (della nostra) eroina.  Non lo sappiamo. Quel che sappiamo è che nell’ Atene sconvolta dalla guerra e da poco uscita dalla pestilenza del 430 a.c. (mirabilmente descritta da Tucidide nella Guerra del Peloponneso), nel teatro della polis di Pericle, decimata e prostrata dai tanti lutti, il poeta presenta queste sue riflessioni.   Riflessioni sulla vita e sulla morte, eterna diade, perfettamente attuali!    E su una Donna, la grande ALCESTI.

Beppe Bonetti