La pandemia ha scardinato la quotidianità e la “scuola della presenza” è diventata la “scuola dell’emergenza”. Chi ha trascorso gran parte della propria vita al servizio dell’insegnamento sa quanto importante sia la dimensione relazionale nel processo educativo, dimensione che, ante covid 19, ha seminato proficuamente tra le aule degli istituti scolastici. 

Ma oggi s’impone un nuovo modo di fare scuola e difficilmente sarà possibile tornare indietro. 

Lo sa bene la manerbiese Luciana Ferraboschi che ha oltre 40 anni di insegnamento alle spalle. 

Dopo essere stata dirigente dell’Istituto Comprensivo di Manerbio e aver dato alla scuola un’importante impronta pedagogica, formativa ed educativa, oggi Ferraboschi è alla guida del-l’istituto scolastico Elisabetta Cerioli di Orzinuovi (Andreana). 

“Non è possibile pensare a cinque ore davanti ad uno schermo” spiega la dirigente scolastica “ma è necessario alternare ed equilibrare gli aspetti contenutistici e cognitivi con la necessità di coltivare la dimensione emotiva e relazionale”.

In questo nuovo modo di fare scuola è importante considerare la risposta degli studenti, non solo in termini di apprendimento, ma anche di relazione e socialità. 

Un compito certamente gravoso per gli insegnanti che, tuttavia, hanno risposto con professionalità alla nuova sfida dettata dai tempi. E se l’obiettivo del coronavirus era seminare morte e mettere a nudo le fragilità umane, qualcosa di certo, è sfuggito a questo nemico della vita e della socialità. 

La pandemia non ha forse considerato la resilienza umana e la sua capacità di adattamento anche nelle difficoltà. 

La scuola ne è un esempio, dice la dirigente di Orzinuovi. Le nuove modalità di insegnamento e formazione scolastica hanno fatto emergere con forza la centralità dell’alunno, i suoi bisogni e la sua necessità di motivazione all’apprendimento.

“Gli insegnanti non possono permettersi di fare le tradizionali lezioni dallo schermo perché gli studenti oggi vanno conquistati” spiega “se si annoiano alzano la telecamera al soffitto o si inventano problemi di connessione. Bisogna focalizzare l’atten-zione su una didattica attiva, motivante, stabilire con i genitori un’alleanza educativa nuova e fare in modo che venga riproposta, per quanto possibile, la continuità e il ritmo del percorso di apprendimento”.

È necessario che si stabilisca un equilibrio proficuo tra la dimensione di apprendimento offline e online, ovvero è importante accertarsi che lo studente sappia portare a termine i compiti che gli vengono affidati individualmente e sappia trarre profitto dalle lezioni o dai meet a distanza. 

Questa alternanza didattica presuppone, per l’alunno, l’acquisizione di una autonomia forse prima sconosciuta. 

Diversa invece la situazione per i più piccoli che devono necessariamente essere aiutati da un adulto e quindi da un famigliare sia durante l’assegnazione dei compiti, sia per quanto riguarda l’incontro virtuale con insegnanti e compagni. 

Ora, prossimo importante passaggio da effettuare sarà quello degli esami al termine di ogni percorso scolastico. Nella scuola secondaria superiore ci saranno colloqui in “presenza”, mentre nella secondaria di primo grado solo la presentazione di una tesina online. 

Una procedura, quest’ultima, necessaria in questo momento, ma che mortifica l’alunno privato di quel momento solenne che segna il passaggio da un ordine di scuola ad un altro.

“Ci sarà poi il grande tema della valutazione su cui si sta discutendo e che, a mio parere, dovrà tener conto del percorso effettuato dal-l’alunno più che dei risultati conseguiti difficilmente verificabili. Ciò che emerge con sicurezza” spiega Ferraboschi “è che le scuole dovranno trovare in autonomia – nel rispetto delle disposizioni dettate dai decreti ministeriali – le soluzioni all’avvio del nuovo anno scolastico”. Si dovrà fare i conti con il sistema del trasporto scolastico, con la logistica interna degli istituti, con gli spazi delle aule, la mensa e molto altro. Si parla di alternanza casa- scuola che può essere fattibile, forse, per gli alunni più grandi, anche se anche questo presuppone un cambiamento radicale della didattica.

“Sarà necessario valutare spazi diversi” spiega la dirigente “utilizzare atrii, saloni, palestre e avvalersi dell’outdoor quando le stagioni lo consentiranno”.

Le linee guida della direzione formativa continueranno a condurre – seppure in maniera nuova – la scuola del post covid. 

Ma sarebbe un grande errore, conclude Ferraboschi, la prevaricazione del programma di sempre a scapito della dimensione che è fondativa dell’apprendimento e cioè quella emotivo-motivazio-nale che il giovane vive in modo forte in questo momento difficile e epocale. La didattica a distanza o anche la didattica alternata può rappresentare una robusta scialuppa in tempo di tempesta ma – ndr – non ci può condurre in salvo sulla terra ferma. 

Barbara Appiani