«E quelle andarono dal commissario e dissero senza parafrasare: quella schifosa ha già troppi clienti, più di un consorzio alimentare. Ed arrivarono quattro gendarmi con i pennacchi, con i pennacchi, ed arrivarono quattro gendarmi con i pennacchi e con le armi. Il cuore tenero non è una dote di cui siano colmi i carabinieri, ma quella volta a prendere il treno l’accompagnarono malvolentieri».

Chissà se, nello scrivere il testo di questa celebre e celebrata canzone, Fabrizio De André conosceva la storia che le studentesse della quinta D del Liceo linguistico del Don Milani di Montichiari hanno riassunto nel libro «Asini e cortigiane, eretici e biade», pubblicato da Gam Edizioni (68 pagine, 8 euro).

Del libro delle studentesse, ovviamente, per questioni temporali De André non ne sapeva niente. E probabilmente anche la storia raccontata dalle studentesse del Linguistico di Montichiari gli era ignota. Questo di induce a pensare che di Bocche di Rosa, in giro, ce ne sono, e ce ne sono sempre state, parecchie. Non a caso, la prostituzione è spesso definita come «la professione più antica del mondo». Già, ma è vero?

In effetti la questione non è molto chiara. Storicamente parlando, le prostitute si incontrano nei lupanari dell’antica Roma; le etere, libere e ricche, praticavano ad Atene (ma solo per gli aristocratici, il popolo si dedicava alle pornai chiuse nei bordelli) e poi via via, si arriva fino alla naditu babilonese.

Se «il mestiere» viene praticato da sempre, cambiano invece le interpretazioni morali: solitamente non era considerata cosa buona e giusta, mentre in Grecia sì. Il fatto è che, nella maggior parte dei casi, la prostituzione era la conseguenza del fatto che una donna rompesse i legami familiari. In pratica, in questi casi la donna diventava una schiava, e il confine tra schiavitù e prostituzione era molto labile.

Ma, lasciamo perdere la storia delle altre Bocche di Rosa e torniamo a quella raccontata nel libro dalle brave studentesse coordinate dal professor Severino Bertini: Anita Arrighi, Hajar Bachbachi, Rebecca Canale, Elisa D’Agostino, Asia Dorini, Camilla Grazioli, Sofia Manto, Sara Benita Mogosmortean, Ariel Gonzalez Ochoa, Matilde Paghera, Giulia Ripepi, Francesca Romagnoli, Anna Sargiotto, Valentina Sottini, Irene Treccani, Beatrice Ugas e Giada Zebeli.

Frutto di un bel lavoro che riunisce ricerca storica e capacità di raccontare (non è scontata negli studenti, quindi complimenti), la storia ricostruisce quanto accaduto all’osteria della Corona di Lonato, i cui avventori, nel marzo del 1594, erano più tristi del solito a causa di una delibera che imponeva ad una certa Pezzotta e a sua nipote (evidentemente molto ben conosciute dai frequentatori dell’osteria) di abbandonare il paese e di porre fine ai deprecabili traffici di donne di malaffare.

Oltre a questa storia, il libro delle studentesse della quinta D propone anche un altro racconto: «L’asino decollato di Asola», che prende spunto da un fatto accaduto nella cittadina mantovana nel gennaio 1577.

MTM