Il tumore alle ovaie, tuttora, non può essere scoperto in tempi precoci. Viene spesso diagnosticato quando è già in fase avanzata e ciò significa che è quasi sempre letale. Questo dramma è stato raccontato con delicatezza e compartecipazione emotiva dalla fotografa Manuela Podda. La sua mostra “Perché la vita” (curata con la collaborazione di Simone Cerio) ha un titolo aperto ed enigmatico, come lo sono l’esistenza umana e l’esperienza della morte. L’esposizione fotografica ha già visto diverse edizioni, prima di approdare a Manerbio. Qui è stata ospitata da Palazzo Luzzago ed è stata inaugurata il 1 maggio 2025. Fino all’8 dello stesso mese, i manerbiesi hanno potuto contemplare i risultati di questo progetto collettivo. “Perché la vita” può infatti essere considerato un dono delle pazienti ritratte e delle loro famiglie. La mostra fotografica è stata il frutto di un lungo percorso di condivisione e confidenza tra Manuela Podda e altre donne, accomunate dal fatto di aver vissuto il dramma del tumore alle ovaie. Gli scatti (rigorosamente in bianco e nero) mostrano dettagli quotidiani come le camicie da notte, le stanze d’ospedale, i volti pensosi che s’intravedono fra le tende. Il realismo di una cicatrice è accostato al simbolismo di un triangolo tempestato da riverberi di luce. Poeticissimo, nella sua semplicità, era il mazzo di fiori galleggiante sull’acqua, segno della vita che se
ne va e (al tempo stesso) continua. C’erano poi loro: le pazienti, in posa per lasciare una traccia dei loro volti e delle loro personalità.
A Manerbio, il progetto fotografico è stato sostenuto dall’AVIS: un’associazione che si cura anche di accompagnare i propri membri nella tutela della loro salute.
Da Manuela Podda è firmato un libro fotografico: “Tredici”. Il titolo è nato dalla casuale ricorrenza del numero 13 nel suo progetto: un numero infausto nelle culture di stampo anglosassone, ma che gli appassionati di numerologia conoscono anche come simbolo di trasformazione e rinascita. Gli scatti di Manuela ripropongono questo dualismo nella sua scottante realtà. C’è una ricerca di quotidianità davanti alla morte, nelle donne immortalate da Podda. Una di loro, addirittura, ha scelto l’abito per la propria tumulazione. In tutto questo, c’è il senso del lutto, ma anche la volontà di “andare avanti”, come se la morte fosse solo un passo ulteriore. La dipartita si trasforma in ricordo, ritratto e racconto.
La semplicità disarmante di queste immagini ci invita a condividere il dolore, a trasformarlo in vicinanza e calore. Allo stesso tempo, richiamano urgentemente l’attenzione sulla prevenzione oncologica, indispensabile a salvare vite.
Erica Gazzoldi