Le voci degli esponenti delle maggiori zone vitivinicole bresciane evidenziano un’annata eccellente sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Ora l’obiettivo è la politica di commercializzazione per sostenere i prezzi.

Una grande annata per il vino bresciano che nel 2018, secondo i dati della Regione Lombardia che ha raccolto in queste settimane le dichiarazioni vitivinicole, ha raggiunto un valore pari a 106 milioni di euro per quanto riguarda le sole uve. Le ottime condizioni climatiche hanno consentito infatti lo sviluppo di grandi quantità di prodotto caratterizzate al contempo da un’ottima qualità. La produzione di uva è aumentata dai 473.616 quintali del 2017 ai 652.201 dello scorso anno, con un incremento del 37,71%. Gli ettari vitati per la produzione di vini Doc e Igt sono 5.664. Risultati estremamente positivi specialmente se confrontati con un 2017 segnato pesantemente dalle eccezionali gelate di aprile.

“A livello produttivo – spiega Fabio Finazzi del Consorzio Valtènesi – c’è stato un incremento significativo che ha portato a raggiungere, dopo alcuni anni, il limite massimo previsto dal disciplinare: quasi tutti i produttori hanno ottenuto la resa massima prevista, con aspetti qualitativi molto interessanti. Le uve sono state molto sane. Ci aspettiamo come esito finale un’annata di vini particolarmente significativa, anche se è ancora presto per dirlo con certezza”. Il Valtènesi sta intanto continuando a puntare con decisione sul vino rosato, una scommessa che inizia a dare risultati positivi.

Per quanto riguarda la zona del Montenetto, spiega Mario Danesi, vicepresidente del Consorzio, “è stato un 2018 comunque difficile a causa delle piogge molto intense che hanno caratterizzato la prima parte della stagione unite alla diffusione della peronospora, ma le aziende che sono riuscite a gestire bene queste situazioni hanno avuto un incremento del 30% della produzione”. Il Consorzio è impegnato nel percorso, sostenuto da Confagricoltura Brescia, per cambiare l’attuale denominazione Capriano del Colle Doc in Montenetto Doc, attraverso un patto territoriale finalizzato a valorizzare la viticoltura delle colline a sud di Brescia.

“Per il Lugana – dice Gian Franco Dal Cero di Cà dei Frati – abbiamo avuto un’annata ottima sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo ma siamo dispiaciuti per la caduta dei prezzi: con l’entrata in produzione di 400 ettari in più, un po’ troppi per il mercato dell’uva che c’è oggi rapportato al mercato delle bottiglie del vino, c’è stata una flessione abbastanza importante che speriamo di superare presto”.

Come spiega Giulio Barzanò della Strada del vino di Franciacorta, “i prezzi sono crollati in confronto all’annata precedente ma erano cresciuti troppo per l’assenza di uva, raggiungendo valori non fedeli alla realtà. Nel 2018 si sono infatti riallineati alla natura del mercato un po’ in tutte le zone e la Franciacorta ha chiuso l’anno con un piccolo segno positivo”.

“Il vero problema è il mercato italiano – conclude Claudio Franzoni, presidente del Consorzio Botticino – perché i consumi sono in costante diminuzione; i prodotti bresciani stanno tenendo abbastanza ma dovremo cercare di diversificare ed esportare sempre più il nostro vino all’estero, dove è molto apprezzato. Di solito quantità e qualità non vanno a braccetto ma quest’anno le condizioni sono state ottimali quindi nel 2018 abbiamo finalmente avuto una produttività molto interessante e una qualità eccezionale, un’annata che ci ricorderemo per molto tempo”. Anche perché il Consorzio Botticino ha festeggiato i cinquant’anni di vita.