Nell’ultimo articolo abbiamo visto comparire sulla scena franciacortina i cluniacensi, responsabili di una prima importante trasformazione nelle torbose colline oggi note per le bollicine. Bornato, Provaglio, Clusane, Nigoline e Timoline sono i principali centri del loro operato di bonifica che attirano coloni nell’XI e XII sec. È l’epoca della crescita demografica post anno Mille. Brescia nel XII sec. allarga la sua cerchia muraria superando i 10mila abitanti ed inizia ad imporsi sul territorio scontrandosi coi potenti feudatari del contado. La città (ma anche il vescovo) fonda così nuovi centri urbani: roccheforti per controllare soprattutto l’importante confine dell’Oglio. Nascono così Rudiano, con le celebri “cavethe”; Roccafranca; Orzinuovi e Castrezzato, che guardacaso portano nello stemma i colori della città. Qui vengono insediate le famiglie di milites che in cambio di un presidio stabile ricevono in investitura lotti di terra demaniale, in gran parte da dissodare, come rendita necessaria al loro sostentamento e armamento.

Nel XIII sec. la crisi morale ed economica dei centri monastici aveva compromesso la loro azione di trasformazione territoriale, che tuttavia non rallenta grazie al fermento della società del duecento che sa favorire mercanti, artigiani ed embrioni di un settore imprenditoriale privato. Il commercio nei borghi rurali di quest’epoca avviene soprattutto con la frequente organizzazione di fiere attorno a monasteri e chiese. Dobbiamo supporre che sia in questo periodo che il mercato di Rovato inizia a dimostrare la sua importanza, nonostante non sia sede di pieve o di monastero, incamminando il nostro paese verso una rilevanza ancora non affermata. Lo si può dedurre dal fatto che nel 1295 sembra già costituita una forma di Comune (almeno embrionale) degli homines di Rovato, e già nel 1334 la diaconia di S. Stefano è certamente autonoma nella cura sacerdotale rispetto alla pieve di Coccaglio. Rovato si affermerà definitivamente sul territorio circostante durante il dominio di Bernabò Visconti (1354-1385) divenendo sede di una fortezza da lui eretta.

Tutte queste componenti, unite al boom demografico, contribuiscono a dissodamento, bonifica e sfruttamento di terre fino a quel momento ignorate, inclusa la brulla ed incolta campagna a sud del monte Orfano. Le comunità rurali si appropriano di selve e terre incolte appartenute ai cenobi, acquisendole o molto spesso usurpandole. I beni vengono poi suddivisi tra i membri della vicinia e in parte gestiti in beni comuni ad usi civici. Le colture appena strappate alla terra selvaggia, vengono migliorate e si iniziano le vaste opere di canalizzazione. Prima fra tutte la seriola Vetra di Chiari, poi è la volta della Fusia, scavata nel terribile periodo della Morte Nera che flagella tutto il continente.

In quest’ultimo sussulto di Medioevo, tra la metà del ‘300 e la metà del ‘400, si manifesta un nuovo fenomeno: quello dei poderosi investimenti delle famiglie feudali e cittadine, oltre alle nascenti famiglie borghesi. Spinte dalla ripresa economica dopo la pestilenza, operano un imponente campagna di trasformazione del territorio tra canalizzazioni (la seriola Trenzana nel 1380 ad esempio); costruzione di mulini, magli, folli; messa a coltura di grandi appezzamenti a vigneto; espansione dei pascoli per favorire l’industria laniera.

Nella campagna di Rovato queste famiglie si insediano ricevendo in investitura appezzamenti di terre definitivamente strappate alla natura solo nel ‘400. È l’epoca in cui le case in legno con tetti di paglia vengono lentamente soppiantate da quelle in pietra. Prima nel centro, e poi nella campagna. Interessante, e ancora da indagare, è l’arrivo di famiglie che probabilmente da queste possessioni operano anche attività speculative. Vi troviamo anche i Marinoni (detti originariamente da Cerete dall’omonimo borgo bergamasco), vassalli del Malatesta che ci hanno lasciato un interessante contratto agrario del 1497 sulle possessioni della Ceresa o del Pero (in frazione S. Giorgio). Il contratto mette in luce una nuova forma di conduzione che si attesta in questi anni: la colonia parziaria. Questa farà da base alla nascita della “famiglia patriarcale” come l’hanno conosciuta i nostri nonni, oltre stimolare l’organizzazione della campagna come la conosciamo: il podere cascinale al centro del territorio coltivato dai suoi coloni.

Alberto Fossadri