Assessore, Lombardia Carne si avvicina: si tratta di un appuntamento atteso e che raccoglie in sé secoli di storia. Qual è il valore che questa manifestazione assume all’interno del contesto produttivo e fieristico della nostra regione?

La Lombardia alleva un quarto dei bovini italiani. Siamo primi nei vitelli, nella produzione di latte, nell’export e Brescia è la prima provincia della regione. Lombardia Carne dunque è un evento centrale non solo perché rappresenta secoli di storia, ma anche perché è un punto di riferimento per una filiera importante sotto il profilo economico. La zootecnia è una delle colonne portanti del Made in Italy. Per questo siamo in campo per contrastare fake news, attacchi mediatici e speculazioni contro un settore cruciale.

La ripresa del mondo fieristico dopo l’incubo del Covid sta muovendo i primi passi. Quali sono state le azioni della Regione volte a favorire questo essenziale settore?

L’assessore Guidesi ha svolto un lavoro eccellente. La Regione Lombardia ha supportato i quartieri fieristici con 12 milioni di euro lo scorso anno e lo scorso mese ha aperto un bando da 1 milione di euro per l’organizzazione e lo svolgimento delle manifestazioni di livello internazionale e nazionale del calendario regionale. Il comparto fieristico è stato uno dei settori più colpiti dalla crisi economica, ma le fiere sono centrali perché ci permettono di far conoscere le eccellenze lombarde. Sarà fondamentale nel medio-lungo periodo che il settore fieristico Lombardo diventi sistema. La ripartenza delle fiere è ossigeno anche per tutta la filiera, di cui troppo spesso ci si dimentica: produttori, allestitori, fornitori, servizi.

Lombardia Carne è, tra le tante cose, anche sinonimo di cultura e di cognizione di ciò che le eccellenze contadine lombarde hanno da offrire. Avete in cantiere o già in atto alcuni progetti per cercare di rendere sempre più protagonisti i produttori locali?

Certo, promuoviamo i Pat (prodotti agricoli tradizionali), abbiamo messo in campo per le aziende agricole 400 milioni di euro con il Psr di transizione 21/22, stiamo facendo da regia per far conoscere i prodotti all’estero, ma soprattutto stiamo realizzando iniziative volte a risvegliare nei cittadini una maggiore conoscenza di cosa sia il cibo, dell’importanza di fare scelte consapevoli e di sapere che consumare prodotti locali e stagionali è il modo migliore per aiutare l’ambiente. Siamo una terra ricca di tanti prodotti di qualità, spesso di nicchia ma con riconoscimenti e certificazioni importanti. Un lavoro da fare è riuscire a valorizzare queste produzioni legandole alla ristorazione e all’ospitalità, rafforzando l’identità del territorio lombardo. Fatto di una moltitudine di agricoltori e allevatori, con storie uniche, come il salvataggio di razze a rischio estinzione. In questa direzione va il nostro impegno.

In questi ultimi tempi il mondo agricolo è stato vittima di innumerevoli maldicenze legate soprattutto al tema della tutela ambientale. Come si sente di rispondere a chi critica allevatori e coltivatori?

Le posizioni puramente ideologiche portano solo danni. L’agricoltore è il primo custode dell’ambiente e per continuare a migliorare le performances bisogna investire sempre di più in innovazione. È questa la filosofia della Regione: innovare macchinari, strutture, processi produttivi e investire in ricerca è la strada giusta per coniugare redditività e sostenibilità ambientale. Per noi l’impresa è al centro. Senza aziende non c’è economia e non c’è sostenibilità. Per questo sosteniamo gli investimenti che consentano lo sviluppo di un settore essenziale per la Lombardia, prima regione agricola d’Italia sia per la produzione che nell’ambito della trasformazione.

Da ultimo, un po’ di attualità: la guerra in Ucraina sta facendo sentire le proprie nefaste conseguenze su tutta la filiera alimentare con aumenti che mettono a rischio la sopravvivenza di molte aziende. Come vede il prossimo futuro e quali azioni ritiene debbano essere messe in campo?

La guerra in Ucraina ha cambiato totalmente lo scenario internazionale. Rischiamo che a una crisi legata ai costi di produzione se ne aggiunga una ancora più grave legata all’approvvigionamento. Dobbiamo incrementare la produzione nazionale delle commodities fondamentali per le filiere zootecniche che sono a maggior rischio contrazione a causa della guerra in Ucraina come mais, girasole e orzo. In questo momento l’Italia importa due terzi del fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e metà del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. Rischiamo di pagare un conto salatissimo a causa di una visione ideologica che ha caratterizzato la politica nazionale in agricoltura in questi anni anche in applicazione delle direttive Ue. In sede di Conferenza Stato Regioni la Lombardia ha chiesto di posticipare di almeno un anno l’applicazione del green deal. Pensare di introdurre già nel 2023 l’obbligo di terreni a riposo, quando siamo in penuria di cibo, ecoschemi e rotazione delle colture in un periodo in cui rischia di mancare il grano è follia pura. I prezzi dei mangimi per gli allevamenti sono aumentati del 40%. L’energia del 70%. Le conseguenze si sentono soprattutto in Lombardia, regione dove viene allevato il 53% dei suini italiani e dove viene prodotto nelle stalle il 45% del latte italiano.