Il nostro monte… chissà quante ne ha passate nel corso dei millenni!
Sono diversi infatti i testi che ne narrano le vicende storiche più importanti.
Non una collina qualunque; la sua posizione isolata che guarda sulla pianura a sud e sulla Franciacorta a nord, lo ha reso da sempre un luogo strategico fin dai tempi del neolitico: un presidio importante per il controllo della viabilità sottostante ma anche fonte di materie prime preziose.
Molto ricco di legname fornì per lungo tempo materiale utile per le costruzioni e mille altri usi, ma lo sfruttamento intensivo, lo portò ben presto alla totale deforestazione.
Oltre alla cacciagione, il monte ha da sempre offerto un altro prezioso materiale: le sue pietre.
Si tratta di conglomerati, ossia rocce sedimentarie clastiche costituite da elementi ghiaiosi e ciottolosi di differenti dimensioni cementati da sabbie più fini di origine quarzosa, calcarenitica, unite ad argilla rossa e calcare, che conferiscono loro una particolare durezza e resistenza, rendendole particolarmente utili come materiale da costruzione.
Furono utilizzate nei secoli per la realizzazione di fortificazioni militari, civili e religiose in diversi siti dell’area montana; diverse le costruzioni realizzate fin in tempi recenti nel territorio di Rovato.
Ed è sulle pietre del nostro monte che vogliamo concentrarci, riportando una piccola ricerca di Enzo Pedrini e Carletto Pedrali. Enzo ci ha lasciati improvvisamente lo scorso anno: uomo molto attivo nella comunità rovatese, alpino (fu per molti anni presidente ANA), artista (amava dipingere) e socialista convinto, era appassionato di cultura e storia e molto amato dai cittadini rovatesi
Scrive Enzo,
“Nella parte bassa del versante nord del monte Orfano, a partire dalla cascina situata presso la curva a U della strada che sale al convento, per centinaia di metri, vi sono cave di roccia.
Queste cave sono state sfruttate in passato per varie costruzioni realizzate a Rovato.
La testimonianza più antica è probabilmente la base della chiesa di San Rocco; quella più grande e vistosa è il complesso delle mura venete con i quattro torrioni ancora ben conservati e, quella ancor più recente, è la base dell’acquedotto costruito all’inizio del secolo scorso. Tracce diverse si possono ancora trovare nei muri perimetrali ed angolari delle case più vecchie di Rovato. Trovandomi un giorno sul monte con l’amico Carletto Pedrali, grande conoscitore e frequentatore del posto, ci venne l’idea di preparare questa piccola ricerca, lui avrebbe raccolto testimonianze fotografiche, io avrei provveduto alla parte descrittiva”.
Continua Carletto Pedrali
“Eravamo quasi pronti, ma Enzo ci ha lasciato improvvisamente.
Alcuni giorni prima disse alla moglie di avvisarmi di continuare da solo, lui si sentiva che non ce l’avrebbe fatta.
Fu una decisione coraggiosa, avendo ormai capito la gravità della sua condizione. Io in quel periodo ero via e così appresi la notizia dal giornale.
Non vi sono molte testimonianze scritte su queste cave, ne rimane traccia di pareti alte dritte così come siamo abituati a vedere generalmente questi siti, tuttavia, vi sono grossi blocchi abbandonati nelle vicinanze delle aree di estrazione che sembra vogliano raccontarci la storia del nostro popolo che lì cavava la pietra per costruire mura difensive o perimetrali, case ma anche terrazzamenti per i vigneti. Oggi, quelle ritrovate o recuperate vengono messe nei giardini a scopo ornamentale ed alcune lavorate, così da raggiungere un aspetto elegante e decorativo.
Questa pietra del monte Orfano è conosciuta come conglomerato in quanto costituita da ciotolo, ghiaia e sabbia proveniente dai fiumi delle valli bergamasche. In epoca preistorica, arrivavano qui e si immergevano nel mare Adriatico, che all’epo-ca occupava grandissima parte della pianura Padana con un livello di acque elevato.
Queste ultime, col tempo, si ritirarono pian piano a seguito dei movimenti orogenetici che portarono all’in-nalzamento della catena alpina e contemporaneamente a quello della pianura e del monte fino ad un’altezza di 452 m nel territorio di Cologne.
Questi processi non furono i soli che contribuirono all’origine del monte Orfano; in epoca post glaciale cominciarono a scendere dal Cevedale e dal-l’Adamello colate di ghiaccio e materiale morenico che, con una grandissima forza erosiva, portarono alla formazione delle valli, del lago d’Iseo e delle colline franciacortine, scavalcando, erodendo e modellando il nostro monte fino a dargli la conformazione attuale. I depositi maggiori si fermarono, dando al territorio l’attuale conformazione, mentre il resto dei materiali continuò a finire in Adriatico.
Ancor oggi, recenti scavi per la ricerca dell’acqua, hanno portato al ritrovamento di sabbia alla profondità di circa 150 m. Potremmo quasi dire che il nostro monte sia stato modellato da un artista molto abile nella lavorazione della terra”.
Scrivendo continua Pedrali: “…sicuramente Enzo Pedrini avrebbe raccontato meglio e con maggiori dettagli la storia del nostro monte, ma io voglio pensare che sia ugualmente soddisfatto per aver concluso questa ricerca, seppur semplice, iniziata insieme.
Caro Enzo ti mando un saluto dicendoti che manchi sia a me che a tutti gli amici alpini e non che ti volevano molto bene”
Emanuele Lopez