Ha scatenato un’ondata emotiva non indifferente la notizia diffusasi martedì 21 settembre della scomparsa di Giancarlo De Marco (photo credit Guido Braghieri), conosciuto da tutti in paese come l’uomo dei bassotti. De Marco, si trovava da qualche settimana in coma alla residenza sanitaria San Pietro di Castiglione delle Stiviere dopo gravi problemi cerebrali che erano seguiti ad un intervento alla gamba destra. A trovarlo privo di sensi in quella che è stata la sua ultima abitazione, un minuscolo interrato in via Mazzoldi, una delle volontarie che lo accudiva nei suoi bisogni quotidiani. Partito dal gruppo Facebook «Aiutiamo Giancarlo a Montichiari», attivo dal 2016 e che per lunghi anni ha cercato di rispondere alle tante necessità di Giancarlo (tra le volontarie che gli sono state più vicine le signore Gianna ed Eleonora), l’annuncio della sua morte ha fatto presto il giro del web diffondendosi a macchia d’olio e raccogliendo un affetto senza precedenti. Affetto che si è presto trasformato in polemica all’iniziale notizia che i funerali di Giancarlo si sarebbero tenuti solo al Camposanto e la messa solenne sarebbe stata celebrata invece il sabato successivo, a sepoltura avvenuta. Una decisione dettata da diversi fattori e in assoluta buonafede, come ci ha tenuto a spiegare Monsignor Cancarini, ma che ha acceso gli animi non solo di quei volontari che avevano seguito costantemente Giancarlo e che gli vedevano, a detta loro, negare l’accoglienza in duomo ma di tantissimi monteclarensi che sono arrivati a contestare il prelato anche con accuse feroci e infondate. La replica durissima di Monsignor Abate, però, non si è fatta attendere ed è tuonata proprio dal pulpito durante le esequie che si sono svolte poi regolarmente in un duomo gremito di monteclarensi: «Vi sono persone che non si sono nemmeno sforzate di capire le intenzioni che avevano guidato questa scelta – ha sottolineato Cancarini nell’omelia – ma solo di insultare, infangare, dire un sacco di scemenze su di me e sulla Chiesa. La mia intenzione non era quella di negare il funerale perché il funerale non si nega a nessuno. Io volevo semplicemente celebrare un funerale al cimitero e sabato sera, con tutta la Comunità di Montichiari riunita, ricordare questo uomo che è stato anche disprezzato da molti, perché non è vero che tutti monteclarensi lo amavano, anzi le persone che lo amavano ci stanno tutte sulle dita di una mano. I poveri ci interessano veramente o solo quando possiamo fare casino su facebook?» La predica ha scosso non poco gli animi dei presenti, alimentando nuove polemiche. Lo “scontro”, frutto certamente di un’incomprensione tra le parti, ha così fatto un po’ perdere il reale scopo per il quale tutti avrebbero dovuto essere lì riuniti: dire addio a Giancarlo, un uomo che in vita aveva spesso smosso polemiche e, da morto, avrebbe solo meritato rispetto. Giancarlo De Marco, originario di Como, aveva 67 anni, era una persona colta, poliglotta, la cui vita si era divisa in due tempi: la prima fatta di studio, viaggi e lavoro in diverse nazioni del mondo; la seconda caratterizzata da lutti e abbandoni, tanto, ad un certo punto, di decidere di fidarsi solo dei suoi bassotti, amici fedeli che mai avrebbero potuto tradirlo. Erano loro l’assenza più forte che si poteva percepire davanti al feretro di Giancarlo; loro i veri amici, quelli che restano accuditi amorevolmente nel canile di Desenzano, inconsapevoli che quell’uomo, con il quale hanno condiviso una vita fatta di libertà, priva di convenzioni sociali e che amavano così com’era, non verrà mai più a riprenderseli.

Marzia Borzi