Col termine evergreen, solitamente si indica un brano musicale del passato, che però è rimasto nel cuore del pubblico, che lo ascolta sempre volentieri. L’etichetta di evergreen la si può attribuire anche ad uno spettacolo teatrale, che ha le stesse caratteristiche: una performance che è rimasta nel cuore degli spettatori.

A questa categoria appartiene sicuramente «Bibbiù», lo spettacolo teatrale tratto dall’omonimo testo in dialetto bresciano scritto, verso la fine degli anni Settanta, o giù di lì, dal bravo e geniale maestro Achille Platto da Chiari. Testo che, dopo essere stato rappresentato più volte dallo stesso autore in forma di «oratorio», ha poi avuto l’onore di diventare uno spettacolo vero e proprio, peraltro messo in scena da più d’una compagnia.

Tra coloro i quali si sono cimentati con questo testo ci sono pure il regista Giacomo Andrico e gli attori Sergio Mascherpa e Alessandra Domeneghini, che, in occasione del Natale, hanno tirato fuori dal cassetto questo loro eccellente lavoro, in scena giovedì 22 dicembre, alle 21 nell’auditorium comunale, in vicolo dell’Ortaglia a Pompiano.

Esattamente come il testo, lo spettacolo è bellissimo: da vedere. L’opera, infatti, che in sostanza è una riscrittura in dialetto bresciano di alcuni brani del Vecchio e del Nuovo testamento, non è una semplice traduzione del testo biblico e nemmeno una facile parodia: nella sua autonomia, il «Bibbiù» di Achille Platto si affianca al grande originale sacro e lo arricchisce nel segno della poesia, in un contesto di significati che appartengono al mondo contadino travolto ormai nei suoi valori dalle grandi trasformazioni sociali e industriali.

Per mantenendo la loro «sacralità», nel passaggio dall’originale alla versione di Platto i personaggi che popolano questo testo acquistano un’umanità che rende il tutto gustosissimo. Giuseppe, ad esempio, quando scopre che Maria è incinta, prima di cedere alle spiegazioni dell’Angelo, butta lì un eloquente «Certo, tutto ho capito; l’è fiöl d’èn siòr, e me gó de fa sìto». Per non dire di Caino, che, quando vede il fratello donare un gustoso spét al Signùr, lo epiteta con un perentorio «röfià e cülatì».

Anche Dio non ci pensa due volte ad arrabbiarsi: quando Caino gli dona uno spét maleodorante, che fa vomità anche ‘na càvro, lui, èl Signùr, «èl sàlto föro catìf d’èn nigulù» quindi parla «con la ùs dèl padrù».

Ingresso libero. MTM