Quello che ci si appresta a fare nei prossimi mesi è decisamente riorganizzare tutto ciò che avevamo dato per assodato, per scontato e che pensavamo fosse immodificabile: la famiglia, il lavoro, le relazioni. In questo periodo di lockdown ci siamo dovuti abituare a nuove routines per non soccombere alla noia o all’angoscia derivanti dal fatto di non sentirci più riconosciuti nei nostri abituali ruoli sociali (capo, dirigente, impiegato, lavoratore..). 

Siamo stati costretti, di punto in bianco, volenti o nolenti, a gestire un cambiamento a diversi livelli, da quello più strettamente personale, famigliare a quello lavorativo, sociale. Le differenze nel modo di gestire il cambiamento emergono proprio in queste circostanze, tra chi sa guardare alla situazione inaspettata con lo sguardo dell’ottimista, cioè con lo sguardo di chi è abituato ad individuare opportunità piuttosto che problemi, e chi, invece, ha uno sguardo pessimista, orientato a pensare al peggio e a disegnare scenari catastrofici. In altre parole tra chi è resiliente, ovvero dimostra una buona capacità di resistere di fronte all’imprevisto e non si scoraggia perché consapevole delle proprie risorse interiori e chi, al contrario, crolla sotto il primo colpo di vento, impaurito e spaventato da quello che potrebbe succedere poi. 

Chi si riconosce tra i primi sarà riuscito sicuramente a compiere un balzo evolutivo in avanti verso un adattamento funzionale al proprio benessere, trovando, per esempio, modalità nuove di lavoro, ripensando e progettando nuovi percorsi professionali, dedicandosi alla formazione oppure dedicando del tempo alla cura di se stesso e degli altri. 

Avrà inoltre saputo creare e beneficiare di una carica ed energia motivazionale per affrontare la quotidianità. Viceversa, chi ha avuto uno sguardo pessimista è molto probabile che si sia lasciato travolgere dalla spirale di pensieri tragici e inabilitanti, prestando ascolto e attenzione, peraltro, a narrazioni massmediatiche di sfondo negativo, che hanno, purtroppo, lo stesso potenziale di contagio del virus ma ad un livello più emotivo, psicologico. 

Il rischio di sprofondare in atteggiamenti vittimistici e disperanti, senza un obiettivo a breve o lungo termine da porsi e su cui iniziare a lavorare, per queste persone è quasi un’ineludibile conseguenza. 

Mai come in circostanze simili è necessaria, quindi, una capacità di gestire il cambiamento che guardi con sano e realistico ottimismo a se stessi, agli altri, alla realtà che ci circonda,  per cercare di individuare opportunità anche laddove sembra non essercene. Le notizie che ci giungono da ogni dove sono più di carattere disfattista e hanno un impatto negativo a lungo termine sulla salute mentale. Se ci badate bene, gli annunci televisivi, nel periodo di “reclusione” che abbiamo vissuto, si sono limitati a ripetere le minacciose ragioni per stare a casa, che sono ormai note a tutti. 

Per non alimentare la ormai troppa preoccupazione, ansia e angoscia nelle persone, si sarebbe dovuto, viceversa, cambiare la prospettiva e puntare su quei fattori, condizioni che avrebbero reso più tollerabile la quarantena. Se impariamo a selezionare le informazioni, scopriremo che di buone notizie, di opportunità ce ne sono e forse anche di più di quelle negative. 

Molti sono gli esempi di coloro che hanno saputo cogliere il lato positivo nella difficoltà del momento, per riprogettare il proprio futuro lavorativo, per ricucire uno strappo nel rapporto relazionale, sia tra coniugi sia tra figli, per lanciare nuove iniziative di solidarietà e di utilità sociale. 

Nessuno, quindi, vuole mettere la testa sotto la sabbia ed evitare di guardare in faccia la realtà; si cadrebbe  nell’atteggiamento tipico del pessimista che pensa di non  essere adeguato a qualsiasi possibile azione per affrontare il problema. 

Al contrario, dobbiamo allenarci a guardare con gli occhi dell’ottimista ai problemi che il futuro prossimo ci riserverà e attingere dentro di noi le risorse, anche con il supporto degli altri, necessarie per trasformare un’iniziale e comprensibile paura in un piano d’azione concreto finalizzato ad un obiettivo specifico, attuabile e realistico.  

Dott. Ettore Botti

Presidente del Centro

per la Famiglia