Sembrano essere ormai un ricordo lontano i tempi della reclusione forzata, dell’isolamento sociale, dove forse per la prima volta ci siamo resi conto del valore del tempo proprio perché ci siamo ritrovati a goderne maggiormente rispetto a prima e in alcuni casi a riorganizzare la nostra vita secondo ritmi più confacenti alle nostre esigenze e bisogni. Se vogliamo che quel periodo non resti solo un triste passato ma un’opportunità per rivedere la nostra relazione con il tempo, è necessaria una riflessione su come ci rapportiamo con esso. Se ci pensiamo, questa dimensione temporale permea talmente le nostre vite che possiamo trovare conferma di questo anche nel nostro abituale modo di esprimerci. Quante volte ci siamo detti: “il tempo è denaro”, “non ho tempo”, “sono in ritardo sulla tabella di marcia”, “sbrigati, altrimenti non facciamo in tempo”, “ devo lottare contro il tempo” e via dicendo? Espressioni che rivelano la nostra avversione verso questa dimensione come se dovessimo lottare contro qualcosa che per noi rappresenta un limite. E forse è proprio questo il punto: se continuiamo a vederlo e a viverlo come un impedimento con il desiderio di sbarazzarcene o di dilatarlo, corriamo il rischio di riempire le nostre giornate, le nostre agende esclusivamente di cose da fare. La tecnologia se da una parte ha molti e indiscutibili vantaggi, dall’altro ha impresso un’accelerazione ancora più forte e stressante riguardo alla gestione del tempo. Siamo immersi in un fluido permanente di comunicazioni che ci giungono da ogni dove, proprio perché siamo continuamente iper-connessi attraverso i vari dispositivi di cui non possiamo fare a meno. Il prezzo più alto da pagare, per tutto questo, è da registrarsi a livello della maggior incidenza sullo stato psicofisiologico causata dallo stress e da ciò che ne può derivare: disturbi del sonno, ansia, attacchi di panico, disturbi dell’alimentazione, problemi cardiovascolari ecc. Dobbiamo per forza di cose subire questa tirannia del tempo oppure c’è un modo per evitare di soccombere allo stress che esso può generare? Intanto dovremmo imparare a relazionarci in modo diverso, considerandolo non come un avversario da combattere, ma un alleato. Dovremmo cioè chiederci quali sono le nostre aspettative, cosa stiamo cercando di realizzare, quali sono le nostre priorità e qual è il prezzo per tutto questo. Il gioco vale la candela? Un altro modo potrebbe essere quello di vivere sempre più nel presente. Non ci accorgiamo di quante energie sprechiamo rimuginando su ciò che è passato e preoccupandoci per il futuro. Queste ruminazioni generano frustrazione, delusione per ciò che non è più e ansia per ciò che non è ancora e forse non sarà mai. Sostare nel presente con consapevolezza è l’unica dimensione concreta che abbiamo e che vale la pena di vivere; inoltre è l’unica maniera per gestire il tempo dandogli il ritmo che vogliamo. Può essere che sia necessario progettare il futuro o pensare ad un progetto, ma se lo facciamo con consapevolezza eviteremo di esserne schiavi e succubi perché sapremo in quel momento di essere nel presente pur pensando al futuro. Praticare la consapevolezza può essere quindi un’ulteriore strategia per costruire un rapporto di alleanza con il tempo ritagliando dei momenti, anche brevi di silenzio ma costanti, per la meditazione. Meditare è uscire dalla dimensione del fare per entrare in quella dell’essere, l’unica capace di salvaguardare la propria salute e generare benessere.     

Dott. Ettore Botti       

                                                       Specialista equipe psicopedagogica del Centro per la Famiglia