Riprendiamo, in compagnia del maestro Silvio Meisso, le visite nel territorio Rovatese ai luoghi sacri interessati dagli interventi di recupero storico-artistico realizzati nel corso dei tanti anni di esercizio della sua professione. Dopo il convento della S.S. Annunciata, siamo tornati presso la chiesetta di San Michele sul monte Orfano, luogo di grande interesse culturale.

È una piccola chiesa, di proprietà comunale, costituita da un’abside semicircolare, orientata ad est, e da una navata a pianta rettangolare coperta da capriate a vista. Sorge presso la cima del monte Orfano al di sopra di una grotta con acqua sorgiva.

La muratura è realizzata in cornici irregolari di conglomerato del monte Orfano.

La tradizione afferma che S. Michele fu costruita su una piazzola druidica chiamata “castello delle streghe”, come luogo di culto per divinità pagane. Da tempio pagano, nel periodo costantiniano fu trasformata in una chiesa della collettività rovatese.

Le origini della chiesa di S. Michele sono quindi molto antiche: gli indizi derivanti dagli affreschi interni della fine del XIV secolo fanno riferimento ai Santi Filastro e Gaudenzio, attivi nel IV secolo, e destinatari probabilmente della prima dedicazione della chiesetta. Fu una delle prime chiese cristiane della Franciacorta; infatti, intorno al VI secolo, i Longobardi giunsero nelle nostre terre, si installarono nel castelliere sulla cima del monte e, attratti forse dal fatto che la chiesa sorge sopra una grotta con acqua sorgente, la adottarono e, dopo averla rimaneggiata, la dedicarono al loro patrono: l’Arcangelo San Michele.

L’aspetto attuale risalirebbe si secoli IX-X. Nel XII la grande finestra che si apre nel centro dell’abside venne ridotta a monofora più stretta e, successivamente, a lunetta per essere poi definitivamente chiusa nel 1487 quando l’abside venne completamente affrescata (coprendo le precedenti raffigurazioni) da Cristoforo da Cremona detto Bozo. 

In uno spazio curvo, definito dal catino absidale, dispone come in un polittico vari temi pittorici: al centro la Natività, fiancheggiata da due figure dell’Arcangelo Michele, mentre verso l’alto il Cristo pantocreatore.

Nel corso delle varie pestilenze ed epidemie che imperversarono in tutta Europa, negli anni tra il 1500 ed il 1600, la chiesetta venne più volte adibita a lazzaretto o a luogo di quarantena e, in seguito ad una precisa direttiva dell’Autorità sanitaria che impose la disinfezione di tutti gli edifici pubblici, le pareti furono imbiancate con calce viva, con conseguente copertura degli affreschi; questo trattamento contribuì a farli giungere conser-vati fino a noi. 

Tra il 1600 e il 1700, nella parete sud, vennero aperte le due finestre rettangolari allargando le feritoie preesistenti ma con il danneggiamento di alcuni pregevoli affreschi. 

Nel 1927 al Comune di Rovato venne notificato che la chiesa di San Michele era stata dichiarata monumento nazionale. 

Sottratta ad un lungo periodo di abbandono, nel 1981 venne affidata alle associazioni AVIS ed AIDO che ne curarono il restauro.

È proprio in questo anno che i lavori sulle rappresentazioni vennero affidati a Silvio Meisso, che lavorò per oltre quattro mesi al recupero degli affreschi. 

Lavoro non facile, non solo per il pessimo stato di conservazione, ma anche perché ignoti entrarono nella chiesa cercando di rimuovere con degli “strappi” le raffigurazioni sulle pareti laterali e nella zona dell’abside.

Meisso, conducendo una analisi sui muri e trovando della colla fresca, si accorse subito che il tentativo di furto era recente. 

Recandosi all’esterno infatti, venne ritrovato il palo utilizzato per forzare l’inferriata della finestra della sacrestia da cui sarebbero poi entrati. Non riuscirono nell’intento, ma provocarono diversi danni. 

Il recupero artistico è stato di tipo conservativo con rimozione dello sporco e delle impurità e con la stabilizzazione dei colori originali. Spiega Meisso che: “Conser-vazione” è la parola chiave su cui si basa il concetto di restauro. 

Le “Tecnica” è la seconda componente essenziale poiché permette di capire, dopo un’indagine preliminare, se fare una “reintegrazione integrale” o se procedere con “interventi differenziati”, per rispondere alle diverse problematiche incontrate in una stessa opera.

In pratica ogni intervento del restauratore deve poter essere riconoscibile, messo in discussione e reversibile senza arrecare danni all’opera originale, al fine di poter intervenire più volte nel tempo. 

Nel caso in cui non fosse possibile garantire la reversibilità, d’importanza fondamentale è la compatibilità e la durabilità dei materiali utilizzati».

Nonostante i secoli trascorsi, l’umidità, le trasformazioni subite ed i danneggiamenti, oggi San Michele riesce ancora a sorprendere il visitatore ed a trasmettere tanto della sua storia.

Gli interventi di restauro, che interessarono anche altri elementi architettonici della struttura, terminarono nel-l’autunno del 1981; il 23 novembre dello stesso anno vi fu l’inaugurazione in occasione del 25° anno di fondazione dell’AVIS Rovato e, da allora, è diventata tempio del donatore.

Oggi è visitabile su richiesta ed in alcune date (generalmente estive) che vengono comunicate sul sito ufficiale dell’AVIS Comunale Rovato (www.avisrovato.it).

Emanuele Lopez