Pensavo di limitare l’argomento del Territorio ad un solo articolo, pubblicato nel numero di settembre di Paese mio. 

La sollecitazione di alcuni lettori mi induce a dedicare alla questione un nuovo pezzo.

Abbiamo già visto le origini e le istituzioni dell’orga-nismo assembleare cha rappresenta una buona parte delle comunità rurali della provincia. 

In questo articolo mi soffermo sinteticamente su alcune questioni dibattute in varie sedi dal Territorio che ciclicamente affiorano nei rapporti con il capoluogo Brescia.

Al momento della dedizione di Brescia nel 1426 (l’atto con il quale la città accettava di entrare a far parte dello stato veneziano) il governo della Serenissima aveva concesso ai cittadini di Brescia numerosi privilegi, con l’evidente scopo di conservare fedeli alla repubblica le riottose casate nobiliari. Privilegi che furono confermati dopo il lungo assedio di Brescia del Piccinino (1438) alla guida delle truppe dei Visconti tesi a recuperare i territori perduti nel 1426/27. 

I privilegi consistevano essenzialmente in sgravi fiscali, se non addirittura in una esenzione: in breve la loro imposizione fiscale era di gran lunga più leggera di quella che dovevano subire i rurali. 

La difesa ad oltranza di questi privilegi rappresentò per il Territorio un perenne motivo di contrasto con il capoluogo. 

Vediamone alcuni aspetti significativi, non senza aver accennato al funzionamento del prelievo fiscale nello stato della Serenissima. 

Quando il governo centrale decideva di esigere dalla Terraferma una determinata gravezza (= tassa, in occasione di guerre era molto rilevante), il Territorio suddivideva la parte richiesta fra le varie comunità da lui rappresentate secondo una percentuale (= caratto) e queste, a loro volta, spalmavano l’importo dovuto tra i proprietari dei fondi presenti nel comune, che risultavano da un registro catastale denominato estimo. L’aggiornamento di questi registri non era frequente: a volte passavano decenni tra un estimo e un altro.

Da ciò derivavano alcune distorsioni più volte segnalate dal Territorio. 

Primo aspetto negativo per il Territorio.

Durante il ‘400 e ancor di più nel ‘500, “quando la congiuntura economica spinge il capitale urbano  a volgersi […] verso l’acquisto di terra”, si assiste da parte di famiglie facoltose cittadine ad una massiccia acquisizione di terre del contado. 

Una volta acquisiti, questi fondi, in nome dei privilegi vantati dai cittadini acquirenti, non erano più soggetti all’imposizione fiscale del comune di appartenenza, ma a quella più favorevole della città. 

Il Territorio cercò, invano, di arginare il fenomeno economicamente negativo per il contado, che assisteva ad una costante erosione della propria capacità contributiva a fronte di un caratto fisso tarato su un estimo che non rispecchiava la realtà. 

Propose senza successo di applicare il privilegio fiscale solo alle proprietà possedute al momento della sua concessione e non alle proprietà acquisite in seguito.

Se si tiene presente “che il sistema di tassazione si basa sull’imposizione, ai corpi locali, di quote fisse, e che la loro revisione viene effettuata di rado e con tempi lunghissimi, si comprenderà perché i passaggi di proprietà suscitino tante reazioni e proteste”.

A Orzinuovi nel 1548 i cittadini possedevano il 54% della proprietà fondiaria contro un 29% detenuto dai contadini (il resto era in possesso del clero, che godeva di particolari immunità).

Secondo aspetto negativo per il Territorio.

Il fenomeno precedente “apre la strada alla seconda ragione di attrito tra città e contadi: l’esistenza, nelle comunità rurali, di uno strato, più o meno consistente, di cives forenses o cives rurales o cives exercentes opera ruralia, come di volta in volta costoro vengono indicati” nei documenti dell’epoca.

Chi sono questi cives forenses?

Sono dei contadini facoltosi che per ambizione personale, ma soprattutto per un ritorno economico, ottengono, a volte in modo poco trasparente, la civilitas (= cittadinanza) da Brescia, diventando cittadini a tutti gli effetti.

Ciò permette loro di registrare le loro proprietà nell’estimo della città, usufruendo della particolare imposizione fiscale  riservata ai cittadini originari, pur non vivendo “come dovrebbero fare secondo le norme statutarie” per la maggior parte dell’anno entro le mura cittadine. 

Inoltre continuano a lavorare nei campi, exercentes opera ruralia, (i lavori nei campi sono dettagliati in un documento del 1599: “arar, arpegar, zappar, podar, mieter, segar, far fossati, e simili”), lavori che il cittadino, come tale, non dovrebbe svolgere. 

Il fenomeno preoccupa il Territorio per due motivi: a) “innanzitutto perché, avendo sottratto le proprie terre all’estimo rurale , [i cives rurales] ne hanno diminuito la capacità contributiva”; tale diminuzione si evidenzierà solo con il nuovo estimo e intanto il Comune che ha perso contribuenti è costretto a pagare la stessa quota di gravezze; b) cresce un malcontento tra i contadini che vedono i cives rurales lavorare come loro nei campi e godere però di numerosi privilegi. 

Malcontento che viene denunciato anche dal Capitano di Brescia, Domenico Priuli: “ho ritrovato un gran numero di cittadini Rurali quali se ben lavorano come li altri” creano fra i contadini un malcontento perché questi “supportano malamente che lavorando come loro siano tanto privileggiati”

La tenace e insistente azione del Territorio, dopo una lunga controversia fatta di ricorsi e controricorsi, riesce a strappare alla Città una transazione (= accordo) super civibus creatis et creandis secondo la quale “i cittadini di recente creazione continueranno a sostenere gli oneri fiscali con il Comune di origine fino a quando non verranno rinnovate le liste fiscali”

Inoltre la Città riconosce al Territorio il diritto di intervenire nella materia: i sindaci e il massaro del Territorio potranno “valutare le richieste di cittadinanza che in futuro verranno presentate al consiglio cittadino”.

Altri motivi di contrasto.

Accenno ora in modo necessariamente sintetico ad altri campi in cui si esercita l’intervento del Territorio a favore dei distrettuali.

È opportuno per questo precisare che gli oneri fiscali a carico dei sudditi della Serenissima non si esauriscono soltanto nelle imposte dirette (che prendono varie formulazioni: taglia ducale, tassa delle genti d’arme, dadia alle lance, sussidio), ma che si concretizzano in una serie di obblighi (= factiones) di rilevante impatto economico; da questi obblighi i cittadini e i feudatari si ritenevano esentati in nome dei privilegi concessi. Vediamo alcune di queste factiones.

– L’alloggio dei soldati presenti sul territorio: onere sempre gravoso, ma molto impegnativo nei periodi di guerra.

– Fornitura di galeotti, cioè di uomini destinati alle navi (galee) veneziane come rematori.

– Fornitura di guastatori, cioè di manovali  per i lavori di fortificazione nella terraferma.

Le ordinanze, vale a dire persone atte alle armi da affiancare ai soldati professionisti dell’esercito veneziano.