“Dottore non riesco a dormire in questi giorni, sono persa, confusa, agitata; ho ripreso il lavoro, ma non riesco a rimanere concentrata. Continuo a pensare a quello che è successo, a volte provo un senso di colpa per non essere stata abbastanza vicina adesso che non c’è più mio padre”

Le persone che hanno perso i propri familiari durante il periodo di lockdown a seguito del covid-19 molto probabilmente si riconosceranno in queste parole, in questi pensieri ed emozioni che sono stati e sono tuttora lo strato cognitivo ed emotivo comune di chi purtroppo ha subito un lutto “mancato” come quello che si è venuto insolitamente a creare. Un lutto, una perdita che non si sono potuti vivere, non si sono potuti piangere perché è mancato il contatto fisico con la persona morente, separata dal resto del mondo, confinata in un angolo affollato e indistinto di un reparto di terapia intensiva, priva di uno sguardo amorevole, di un abbraccio d’addio, di una parola consolatoria da parte di familiari, di amici, di  parenti. Tutto è stato congelato in un surreale spazio virtuale, benchè potesse essere l’unico appiglio rimasto (per alcuni purtroppo nemmeno quello), tanto inusuale quanto inadeguato ad avviare quel processo di rielaborazione del lutto che solo il rito e la cerimonia funebre per molti aspetti potevano garantire. E’ come se si fosse stati privati di questo diritto, al lutto, con tutto ciò che ne è conseguito; privati del diritto di piangere i propri cari e di condividere il dolore per la perdita. E come se non bastasse a questo lutto se ne sono aggiunti altri. Il distanziamento sociale ha generato infatti una perdita delle abitudini e relazioni a cui eravamo affezionati: lavoro, interessi, hobby, attività sociali ecc; per alcuni si è trattato di riorganizzare la propria vita affettiva e lavorativa senza contraccolpi emotivi, per altri invece si è trattato di un vero e proprio “trauma”. Trovarsi di punto in bianco catapultati in una nuova dimensione che non aveva precedenti, privati di tutto ciò che rappresentava un riferimento a cui ancorare le proprie sicurezze affettive, economiche, ha prodotto ulteriori scombussolamenti sul piano emotivo e cognitivo. Si è toccata con mano la caducità della vita che viviamo quotidianamente e a cui teniamo; ci siamo accorti di quanto i nostri attaccamenti alle cose per noi importanti e che diamo per scontati come gli affetti, le relazioni, i luoghi, le abitudini siano fragili e per nulla perpetui. Hanno fatto quindi seguito sentimenti di smarrimento, di incertezza, di inutilità, di sfiducia in se stessi, di abbandono a cui si sono mescolati ansia, paura, tristezza. E per coloro a cui è stata prospettata una possibile se non reale perdita del lavoro, si è aggiunta l’angoscia di non riconoscersi più in un’identità sociale e professionale acquisita nel tempo. Non sorprende che disturbi legati al sonno, all’ansia, all’attaccamento ed altri possano insorgere a seguito di questa situazione prolungata ed è perciò importante non sottovalutarne i sintomi, ma leggerli come un segnale, un’informazione che il nostro organismo ci sta comunicando relativamente ad un disagio, ad una tensione che non trovano voce ed espressione. Il consiglio in questi casi è di non lasciarsi scoraggiare, di essere indulgenti con se stessi, di permettersi di piangere, di condividere il dolore parlandone con qualcuno e soprattutto di trovare un rito alternativo per celebrare il lutto mancato e comparteciparlo familiarmente. 

Il lutto è un processo psichico, mentale e spirituale che richiede lo svolgimento di alcuni compiti tra cui: l’accettazione della realtà della perdita, l’attraversamento dei sentimenti del lutto, l’adattamento ad un nuovo contesto di vita, la definizione di uno spazio in cui collocare il defunto. Un percorso che non va subìto passivamente, ma attraversato in maniera attiva e consapevole grazie all’aiuto di un professionista che sappia guidare la persona nella rielaborazione della perdita e possa aiutarla a riconciliarsi con se stessa e con gli altri. Per chi avesse bisogno di informazioni e di supporto psicologico può rivolgersi al Centro per la famiglia. Orari di segreteria (dal lunedì al sabato dalle 9-12). Tel 030 9444986.

Dott. Ettore Botti

Presidente Centro

 per la Famiglia