Ci sono persone alle quali ci si affeziona pur non avendole mai conosciute. È un tipo di affezione del tutto speciale, perché composita, indiretta e, ovviamente, a senso unico.

Don Francesco Perini, ottocentesco prete orceano, è conosciuto da molti per  l’apporto fornito alla conservazione delle memorie locali.

A lui, utilizzando in particolare le pagine del suo diario, ha attinto sovente chi ha voluto aggiungere un proprio contributo al proseguimento di tale conservazione. 

Proprio al suo diario, per qualche mia ricostruzione storiografica, mi sono anch’io rivolta, sfruttando la presenza di informazioni utili e presumibilmente affidabili perché annotate giorno per giorno da chi aveva esperienza diretta dei tempi raccontati.

Dispongo di una copia del manoscritto e, durante la forzata reclusione che il Covid ci ha regalato, ho voluto rileggerlo. 

È stata una lettura sorprendente. Libera dalle strettoie che normalmente impone una ricerca finalizzata allo studio, ho scoperto il Perini raccontatore. 

Dal suo scritto hanno preso forma con prepotenza i protagonisti di una storia più speciale, perché intima e umana, fatta di esperienze anche particolari,  di rapporti spesso travagliati, di meste debolezze e di colorita teatralità.

E di una storia anche moderna e attuale. 

I protagonisti agiscono, sì, nello scenario di un paese che vive la grande avventura dell’unificazione italiana, ma guidati e condizionati da quei vizi e da quelle virtù che connotano l’animo umano sempre e ovunque. 

Da qui l’idea di staccare dalle pagine della cronaca del prete orceano i passi nei quali emergono queste figure, talvolta marcate e persino caricaturali, dove compare la vena di una narra-zione gustosa, accattivante, a tratti ironica o decisamente riprovatoria. 

Sono nate, così, le “Storie di paese (e del mondo, poiché tutto il mondo è paese. Oggi come ieri)”: una sorta di raccolta di brevi racconti che, coniugando un linguaggio ottocentesco a volte forbito e a volte popolare con la peculiare immediatezza del diario, possiedono la dignità di una fresca opera letteraria. 

La rappresentazione che Perini offre di questo mondo così sfaccettato è tanto efficace e viva che invoglia ad immaginarne luoghi e protagonisti. Assecondando tale prerogativa, mi sono dilettata ad illustrare i testi, ricercando volti e figure che potessero adattarsi ai personaggi raccontati. 

E a trovarne i titoli.

Rimane da spiegare l’affe-zione di cui sopra. Chi scrive un diario mette se stesso in quelle pagine, anche se, come nel caso del Perini,  riporta la cronaca di ciò che gli accade intorno. Attraverso quella cronaca, infatti, si scoprono i pensieri, i punti di vista, le idee di un uomo che osserva il suo tempo e ne vive in pieno le manifestazioni.

Quando, poi, il diario è manoscritto, allora la lettura svela aspetti più intimi e nascosti, che vanno oltre ciò che le parole dicono. Ci sono giornate in cui la grafia è fluida e distesa, altre dove appare nervosa, affaticata e sofferta; si vedono cancellature, incertezze e ripensamenti. 

La narrazione acquista quasi il sapore di una confidenza, seppure in qualche modo carpita e strappata. Forse anche per questo ci si affeziona come a un amico.         

Maria Carla Folli