​Giusy e Roby, settantenne e sessantenne se ne vanno insieme, generazioni diverse, vicinanze come parenti per via di una nascita speciale nella grande piazza di Orzinuovi, una specie di paese dell’anima, di paese nel paese dove l’incenso e le processioni si sono mescolate al giro dei portici nel miliardo di sguardi che non spariscono. Giusy Solzi, oggi pomeriggio alle 16 questa mattina di sabato viene accompagnata nella chiesa parrocchiale per l’ultimo saluto. Dietro di lei, li vedi già, il marito della vita, Stefano Pizzamiglio, il più alto dirigente della più importante fabbrica orceana, i figli Loris e Carlo.Giusy e Stefano sono nati insieme nel palazzo di una banca, lui era il prediletto nello stanzone del forno dove il padre di Giusy, Stefano Solzi si divertiva ad affaticarsi nella creazione del dolce migliore, una pasta, una torta, i Solzi, ieri e oggi con i figli di Giovanni, l’altra boutique del dolce, sono gli artisti pasticcieri da oltre un secolo. Ci si trovava tutti in quel clima caldo e gioioso del forno e della farina sparsa; e il mattino della domenica, davanti, nel negozio sotto i portici, le persone di cento paesi venivano servite dalla madre Rina affiancata dalle figlie Giusy e Terry. Questi luoghi sono molto più di una bottega, parlano di un’umanità di polis reale, di amicizia e di sentimenti e si espandono nel resto delle contrade.  Giusi diventa una brava insegnante e insegna con la pedagogia della concretezza e nel rispetto delle anime dell’infanzia. E’ la insuperabile pedagogia cristiana dell’amore, è la strategia della bontà dal dolce di quel forno al forno dolce di una scuola. Lei ha sofferto molto, negli ultimi tempi, di una malattia rara e per questa rarità, i suoi cari hanno permesso che il corpo venisse studiato per capire e salvare la vita agli altri: di nuovo riappare la pedagogia dell’amore, la sofferenza perché la vita di un altro non soffra.A cinquanta passi, ecco gli Scalvini, il palazzo settecentesco di una famiglia garbata, commercianti rinomati di abiti e di molto altro, di nuovo cent’anni di attività e di educazione buona a tirare su con spirito di finezza i tre figli Francesco, Laura e Roby. Anche loro, lunedì, alle 10, per l’ultimo saluto in chiesa parrocchiale, di fronte, ecco l’adorato e adorabile figlio Luca, la moglie Rossana, i fratelli Laura e Francesco, l’ombra del padre Giovan Battista (l’indimenticabile Tino) e accanto l’eterna bellezza della madre Anna Maria Guidetti, di nuovo una famiglia centrale nella piazza centrale del paese.Roby è andato via per uno di quegli incidenti che possono accadere a tutti, pulisci un’arma e ti parte un colpo. Accidentalità di un accidente che vorresti eliminare dalla faccia delle terra, che porta alla mente una figura educata e affabile, capace di un saluto speciale per tutti, un saluto che sapeva di parole non dette, di uno sguardo buono; per cui dicevi a te stesso, “è bello incontrare Roby, ricevere il suo ciao con nome” e ammirarlo correre verso i vigili del fuoco dove era una colonna portante, lui che se ne va così dopo aver spento il fuoco degli altri, aver salvato i muri che potevano andare in rovina di mille famiglie e insegnato e consegnato al figlio Luca, il testimone per battere le lingue di fuoco.Cristo, ragiono io con i miei vecchiotti, se ci fosse stata la piazza di una volta, dove alle 11, l’ora della disgrazia, tutti stavano fuori sotto i portici e tutti parlavano con tutti non come adesso dove ci si scansa e si cerca un posto solitario, ecco, allora, Roby non sarebbe stato a tirare mezzogiorno per pulire qualcosa, sarebbe stato dentro un cerchio di amici e di padri. Certo sono sogni, sono il desiderio di riportarlo a casa, subito, di recuperare una stagione sparita troppo sveltamente, per vestirgli addosso un tempo e uno spazio impossibili. Ma se meditiamo e restituiamo un terzo della generosità umana, del coraggio, dell’altruismo di Roby e di Giusy, allora possiamo sognare di un ritorno a casa nostra, per la semplice ragione che il loro stare al mondo é cosparso di un pavimento di bontà semplice, di relazioni a posto, di un’esclusione del rancore. E se non li si riprendono, tra le mani, come acqua, queste piccole grandi virtù contro le siccità sentimentali, da queste semplici e native sorgenti di piazza, dove mai possiamo ritrovare l’amore e la semplicità che ci indicano un senso buono e dignitoso di stare al mondo?Tonino Zana