Onorevole Danilo Oscar Lancini, la direttiva sulle “case green” sta diventando un tema sempre più dibattuto, con l’apparente intento di ridurre l’impatto ambientale delle costruzioni. Quali sono, a suo parere, gli aspetti negativi della normativa, su cui l’Europa non fa chiarezza? Inoltre, come pensa che le prossime elezioni europee influenzeranno il futuro di tutti i settori coinvolti?

Credo che sia sotto gli occhi di tutti che l’Unione Europea non sia proprio onesta quando dice di impegnarsi sempre di più per combattere i cambiamenti climatici; altrimenti, come si giustificherebbe una norma, che mette sullo stesso piano i problemi o le esigenze delle case dei cittadini di Tallin con quelli di Palermo? Immagina quando mai il cittadino di Tallin accenderà l’aria condizionata e, al contrario, quando mai un cittadino di Palermo accenderà la stufa. L’intenzione dietro la normativa “case green” era quella di ridurre il consumo energetico delle abitazioni e le emissioni di CO2 entro il 2030, puntando ad una neutralità climatica entro il 2050. Tuttavia, come capita con tutti gli obiettivi eccessivamente vanagloriosi, anche questo ha finito per autodistruggersi, visto che era basato su ipotesi e non fatti concreti. Io non ha mai nascosto il mio scetticismo riguardo a tali politiche ambientaliste, che spesso definisco “eurofollie”, e non ho paura di affermare che sia necessario riesaminare le normative e le implicazioni relative al mondo delle costruzioni.

Ci tengo, però, a spiegare il quadro completo; l’Europa ha stabilito la normativa sulle case green che mira a ridurre l’impatto ambientale delle costruzioni. Questo può essere ottenuto attraverso l’adozione di standard energetici elevati, l’integrazione di tecnologie rinnovabili come i pannelli solari e l’impiego di materiali ecologici e a basso impatto ambientale. La normativa si applica alle nuove costruzioni ma anche alle ristrutturazioni edilizie e seleziona criteri di efficientamento energetico e l’utilizzo di materiali a minor impatto ambientale. 

Tutto questo è condivisibile, in linea teorica, se si pensa ad esso in termini di un ulteriore stimolo di crescita per il mercato edilizio, come lo fu per certi versi l’abusato bonus 110; ma dall’altro lato rimane una questione insoluta, che è stata completamente ignorata dalla Commissione Europea: chi pagherà per mettere in atto questa normativa? Chi avrà i soldi necessari per apportare le modifica richieste, o forse anche rifare interamente la propria abitazione? Questo è un punto critico, specialmente in Italia, dove l’idea di casa come luogo di radici e di storia ha un valore emotivo molto forte.  “Demolirle” perché non sostenibili ambientalmente è impensabile. 

Bisogna sapere che nel resto dei Paesi dell’Europa la cultura della proprietà della casa non è forte come nel nostro, dove, di padre in figlio, ci si tramanda la proprietà con orgoglio, perché la casa è parte della nostra vita. 

Essa è sacrificio, storia e tradizione. Al contrario, nel resto d’Europa, la casa spesso è di proprietà di multinazionali, che la affittano, cancellando cultura, tradizione e radicamento sul territorio e mettendo il cittadino nella condizione di essere facilmente trasfe-ribile da un luogo all’altro, come fosse un pacco. In altre parole, l’implementazione di questa normativa richiederà un notevole sforzo finanziario da parte di tutti e l’Europa sembra non curarsi delle tasche degli italiani.

È, infatti, stimato che i costi a famiglia saranno dai 50 mila ai 65 mila euro. E se uno non ristruttura? E se uno non si adegua? Beh, la logica conseguenza è che l’immobile perda valore: chi di noi vorrebbe vivere in un edificio non a norma? Facciamo un esempio: se la tua casa valeva 600mila euro quando l’hai comprata, oggi, se non la adegui alle nuove norme europee, varrà meno: diciamo 400mila euro. E che succede se hai un mutuo contratto con la banca? La risposta è semplice: la banca ti chiamerà per ridiscutere (aumentare la rata) il mutuo, in quanto il rischio a suo carico è aumentato. 

La direttiva sulle case green è strettamente connessa all’iniziativa del Green Deal dell’Unione Europea, che è un piano che mira a rendere l’Europa un continente neutro dal punto di vista climatico entro il 2050. 

L’obiettivo del Green Deal, sulla carta ci tengo a specificare, è quello di una transizione verso un’economia più sostenibile ed ecologica, attra-verso un accordo tra istituzioni governative, aziende, organizzazioni della società civile e cittadini: anche qui, ribadisco, obbiettivo nobile, ma attuazione ideologica e quindi non ottimale.

Per questo il Green Deal ha, secondo me giustamente, ricevuto parecchie critiche, molte delle quali espresse proprio dal sottoscritto. Ho sempre sostenuto che le ambizioni del Green Deal sono molto alte e troppo costose da realizzare, soprattutto per i paesi meno sviluppati dell’Unione Europea. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che l’Unione Europea ha stretto accordi commerciali con paesi terzi che non rispettano gli stessi standard ambientali imposti ai membri dell’UE, creando una sorta di doppio standard che riduce l’efficacia del Green Deal stesso. Questo aspetto perché è stato dimenticato? Perché nessuno, nemmeno sui giornali o alla televisione, sottolinea questo tema? Forse il motivo è che ogni singolo aspetto del Green Deal è un cane che si morde la coda. In altre parole, non vi è via d’uscita, dove risolto un problema ne viene fuori subito un altro, magari come conseguenza di quello precedente. 

Ritengo che le normative che impongono l’efficientamento energetico degli edifici debbano essere praticabili e non creare rischi per i proprietari. Inoltre, la sostenibilità ambientale non può essere l’unica priorità, se questo significa la creazione di disoccupazione e desertificazione produttiva. 

Nonostante il falso ottimismo della Commissione Europea e la chiara e giusta attenzione che tutti noi abbiamo per l’ambiente, è oggettivamente difficile considerare come “positive” per i cittadini iniziative di questo tipo; ancora meno lo è per l’industria e le categorie produttive, che infatti si è sono sempre “lamentati” di questo tipo di provvedimenti. La direzione, in definitiva, va cambiata: utopia e ideologia non aiutano né rafforzano la nostra industria, e in definitiva non aiutano i cittadini a “inquinare meno”. 

Sono fermamente convinto che la normativa sulle case green, nelle sue attuali forme, non possa e non debba essere il futuro. La mia convinzione si basa sulla mia esperienza personale e sulle numerose preoccupazioni che mi sono state esposte da lavoratori, imprenditori e associazioni del settore edile e immobiliare: per riassumere, il principale problema è l’enorme impatto finanziario che questa nuova normativa avrà sui proprietari, che spesso si trovano già in una difficile situazione economica. 

Personalmente, critico l’am-bientalismo ideologico e sostengo la necessità di una politica industriale e del lavoro che prenda in considerazione l’equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale. Siamo di fronte a un bivio fondamentale per il nostro futuro: l’Europa sosterrà l’industria e il lavoro o la finta sostenibilità ambientale diventerà l’unica priorità? Ma in questo secondo scenario, chi ne pagherà il “conto”, in termini economici, politici e di competitività? 

Le prossime elezioni europee saranno decisive per garantire un futuro sostenibile per noi e le future generazioni. Il nostro ruolo è di fondamentale importanza, ogni voto conta per costruire un sistema sostenibile che tenga in considerazione non solo l’ambiente, ma anche l’occupazione, la competitività e la stabilità economica del nostro Paese e dell’Europa, di cui l’Italia, voglio ricordare, è uno stato fondatore. Non possiamo più tollerare l’ambientalismo finto e le false promesse, il momento è giunto per agire concretamente e in modo responsabile. Insieme possiamo davvero realizzare il sogno di un futuro sostenibile ed equilibrato per tutti. 

Io credo che l’Europa possa essere trasformata in qualcosa di positivo, e tu? 

Non perdiamoci in illusorie promesse, nel nostro voto è la nostra forza, la nostra voce, e il nostro futuro, soprattutto in un momento così critico come quello che stiamo vivendo.

L’Onorevole Danilo Oscar Lancini intervistato  da Alice Consolati