Il discorso del presidente Giovanni Garbelli all’assemblea annuale di Confagricoltura Brescia parla chiaramente delle sfide che l’agricoltura sta affrontando: la variabile climatica, la pandemia e la guerra tra Russia e Ucraina; eventi che hanno e stanno influenzandoo i mercati e gli equilibri politici mondiali.

La sicurezza alimentare rimane un tema centrale e il Governo italiano ha dato un segnale forte inserendo la sovranità alimentare nel nome del ministero dell’Agricoltura.

Tuttavia, la mancanza di un programma della Commissione per la sostenibilità economica delle imprese rappresenta una questione importante, in quanto la sostenibilità ambientale non deve essere contrapposta al sistema economico.

La copertura del fabbisogno di prodotti essenziali non può più essere affidata a terzi e la salvaguardia del potenziale produttivo dell’agricoltura europea rappresenta un obiettivo strategico.

Nonostante tutte le difficoltà i dati confermano una spiccata resilienza con la produzione lorda vendibile della agricoltura bresciana che sfonda i due miliardi di euro nel 2022.

Una crescita, sul 2021, del venti per cento.

Un risultato sulla carta strabiliante, un fiume in piena composto da tanti rivoli in crescita come la produzione di latte e i prezzi alla stalla, le quotazioni medie dei cereali e i vigneti.

Nella realtà effettiva delle cose purtroppo non è affatto così, perché, guardando al rapporto tra costi e ricavi, il settore primario non ha conquistato quote di valore aggiunto e maggiore redditività, tutt’altro.

Le cause sono note: l’esplo-sione dei costi di produzione e l’inflazione (più 8,7 per cento di media annua).

Il motore trainante della economia agricola bresciana resta, come sempre, la zootecnia da latte, che registra l’en-nesimo record produttivo, avvicinandosi ai 17 milioni di quintali annui per un patrimonio zootecnico che supera i 345 mila capi, ponendosi in controtendenza rispetto al dato nazionale e nonostante l’estate torrida, che ha pesato anche nelle stalle. Il prezzo del latte è passato dai 40 centesimi al litro d’inizio anno ai 60 del dicembre 2022.

Unico segnale in controtendenza è la suinicoltura, con un meno dieci per cento di capi registrati a fine anno (1,17 milioni nel 2022) e difficoltà sempre crescenti, per il rally dei costi e una remunerazione al macello che è stata di poco sopra il 19 per cento rispetto all’anno precedente. Segno più invece per l’avicoltura bresciana che, nonostante le difficoltà dovute all’aviaria, ha visto i listini dei prezzi salire più di altri settori zootecnici (sono andati bene soprattutto ovaiole e polli da carne).

I costi del comparto zootecnico, complice anche l’estate torrida, sono raddoppiati: l’energia è aumentata quasi sette volte, i carburanti del 43 per cento, i concimi azotati del 50.

Passando dall’allevamento ai seminativi, i cereali hanno registrato quotazioni medie ai massimi da decenni, con i bilanci delle aziende agricole che hanno dovuto però fare i conti, anche qui, con le spese di coltivazione e le rese, soprattutto per il mais, falcidiate dal troppo caldo per gran parte della stagione, dall’assenza di acqua e dai costi energetici all’insù anche dell’80 per cento rispetto al 2021.

Note positive da viticoltura e olivicoltura bresciana: i vigneti delle denominazioni più dinamiche, come Lugana e Franciacorta, crescono e i dati dell’uva hanno valori positivi (spiccano le vigne franciacortine, che segnano un più 18 per cento sul 2021).

L’olio vede finalmente un’an-nata nella media per la produzione e ottima per la qualità, dopo un 2021 senza raccolto.

Nel 2022 sembra essersi finalmente fermato il calo di imprese agricole: sono solo dodici in meno rispetto al 2021 (9.575 contro le 9.587), quando negli ultimi anni la discesa era a anche a tripla cifra (meno 142 nel 2020 e 132 nel 2019, per un totale nel decennio di oltre mille unità in meno).

Dato che conferma il rallentamento del processo di uscita delle aziende extramarginali e il consolidamento delle dinamiche di ricambio, suffragando così la natura largamente professionale dell’im-prenditoria agricola bresciana. 

Il comune con più realtà agricole è Montichiari, con 334, seguono Brescia, Chiari, Ghedi e Lonato.

Allarma come sempre il dato della montagna, dove l’agri-coltura professionale è ridotta al lumicino.

LL