La figura femminile è spesso ricorrente nell’arte dove le donne sono sempre state considerate fautrici di potere salvifico, occasione di sfuggire alla negatività del mondo o anche solo strumenti di ricordo e rimembranza. La donna contemporanea, però, ha in sé una complessità e una profondità che non è facile riprodurre dal punto di vista artistico, una fragilità che pare resti nascosta ormai agli occhi del mondo. Corpi vibranti e fragili che parlano nei lampi di colore e negli sguardi crucciati, dolenti o assenti colti straordinariamente dagli scatti di Salvatore Montemagno che per tutto il mese di marzo ha esposto nella Galleria Civica cittadina di via Trieste. Una personale di grande successo (oltre 250 i visitatori totali) che ha messo ancora più in luce il talento di un artista che è riduttivo definire fotografo. Le donne protagoniste delle sue opere sono eroine solitarie, immerse in un paesaggio spesso desolato o deserto, figure inquiete a cavallo tra quel passato e quelfuturo che talvolta rende ancora complesso per le esponenti del sesso femminile trovare il proprio posto del mondo, “spossate” regine di un tempo immobile e silenzioso. Siciliano ma residente a Montichiari da oltre 30 anni, Montemagno ha iniziato come fotografo autodidatta e, anche oggi,definisce il suo percorso poco più che un hobby, smentito però dai tanti e prestigiosi riconoscimenti che i suoi scatti raccolgono anche a livello internazionale. Perfino la Visual Director di Vogue, Alessia Glavian, lo ha recentemente selezionato fra i fotografi più interessanti nella competizione Fashion Award, per non parlare della vittoria nel 2021 al “New Talent of the Year” del MoscowInternational Foto Award per aver immortalati i monteclarensi alle finestre delle loro case durante la pandemia Covid. «Sono molto soddisfatto di questa mia prima personale – racconta Montemagno – I commenti che ho raccolto sul mio lavoro sono stati tutti entusiastici, anzi molti visitatori sono tornati due volte portando successivamente anche degli amici. La mia ispirazione nasce dall’armonia della figura femminile che utilizzo come atto creativo per esprimere qualcosa di inconscio. La modella è infatti solo un pretesto per trovare il personaggio interiore che emerge dal mio pensiero. La creazione dell’opera è un atto complesso e parte dalla scelta della location che avviene anche in modo casuale ma che deve trasmettere una sensazione ben precisa a chi guarda,per poi decidere l’outfit più adatto all’ambiente. Molto importante è anche la post produzione che altro non è che la stessa limatura utilizzata da un poeta o da un pittore per dare vita alla propria opera. Le foto sono poi stampate in modo eccezionale su di una carta che è il top di gamma con testure di seta. Voglio, infatti, che gli spettatori si dimentichino del lucido o dei riflessi consueti e non ho autorizzato nemmeno l’utilizzo del vetro per proteggere gli scatti perché voglio che si veda la materialità della fotografia. La mostra è nata grazie all’Assessore alla Cultura Angela Franzoni che ha apprezzato le mie fotografie e mi ha chiesto di creare un percorso che potesse inserirsi anche negli eventi che a marzo hanno riguardato la Festa della Donna. Il curatore è Paolo Cappelletti che ha deciso di esporre anche alcune mie opere prime che, pur sentendo io superate dal punto di vista artistico, hanno potuto raccontare a tutti i visitatori un percorso personale che continuo a seguire con grande curiosità e passione»
Marzia Borzi