Lo scoppio della Vulcania, la Seconda Guerra Mondiale e ora la pandemia Covid: Francesco Favagrossa (nella foto con la moglie) è sopravvissuto alle più grandi tragedie che la storia abbia posto davanti agli uomini e può essere ormai considerato a tutti gli effetti una delle più preziose fonti orali che il paese di Montichiari possa enumerare.

I suoi racconti sono pietre rarissime di accadimenti locali e nazionali che assumono nei nostri tempi ancora maggior importanza perché narrati dalla voce viva di un testimone vivente, quello che era un ragazzo del popolo, privo di demagogia e solo pieno di tanta voglia di vivere, vitalità che lo ha sempre sorretto portandolo, pochi giorni fa, a festeggiare 99 straordinarie primavere. Entrato da ragazzino nella fabbrica della Vulcania, l’azienda di esplosivi che sorgeva in zona Fascia D’Oro, Favagrossa nel 1940 ha assistito in prima persona alla drammatica esplosione del reparto caricamento, causato dallo scoppio di una granata che provocò la distruzione del laboratorio e parzialmente del reparto stesso. 

In quell’occasione fu tra i primi a correre in strada per chiamare aiuto e ancora ricorda, in modo indelebile, le braccia e le gambe delle povere vittime sparse qua e là  e, gettato sull’erba, simile a quello di una bambola rotta, un ciuffo di capelli biondi appartenuti ad una bellissima ragazza che gli smuove ancora una profonda tristezza al solo rammentarne la tragica fine. 

Vite stroncate che riemergono dalla nebbia del tempo dalla sua mente incredibilmente lucida, una fonte inesauribile di eventi che intessono con piccole pennellate quella che è stata la storia della metà del Novecento e che lo accomuna nelle esperienze a tanti ragazzi che, magari, quei ricordi non hanno avuto nemmeno la fortuna di poterli raccontare. Tra questi, la partenza appena ventenne, il 16 febbraio del 1942, per la Seconda Guerra Mondiale, le lacrime versate al momento della chiamata alle armi, i lunghi tragitti per trasportare materiale bellico con i camion Fiat 18 e 626, ormai pezzi da museo e introvabili cimeli, lo sbarco degli Americani in Sicilia, lo sguardo che ancora si fa estatico narrando delle tantissime navi, carrarmati, aerei, di una compagine armata che era assurdo pensare anche lontanamente di poter battere e poi il ritorno al Nord e le traversie dopo l’8 settembre. Una vita densa di avvenimenti che, alla soglia dei quasi cento anni d’età, ha dovuto fare i conti anche con la pandemia di Covid 19 e con un periodo che lo costringe a vivere in casa, con la massima attenzione, ma nella maniera più serena possibile sopportando le limitazioni con saggezza, forgiato dalla somma dei tantissimi eventi che ha vissuto: esperienze di vita che sicuramente ancora a lungo saprà trasmettere a chi gli vuole bene e ai concittadini monteclarensi.

Marzia Borzi