C’è il nuovo servizio di doposcuola partito alla Primaria di via Falcone. C’è il Tavolo tecnico aperto con gli Istituti comprensivi per riflettere sui bacini di utenza e sull’offerta oraria per garantire un’equilibrata distribuzione degli studenti. C’è o sportello psicopedagogico per studenti e genitori, ma anche per gli insegnanti…

Insomma, nel Piano per il diritto allo studio, che prevede un investimento di circa 2,7 milioni di euro, c’è questo e in verità molto altro ancora. Tutto in favore dei giovani, cioè del futuro; non a caso il Piano è stato condiviso dai gruppi di opposizione.

Tra tutte le voci che danno corpo al Piano per il diritto allo studio ce n’è una che ci ha colpito parecchio: quella riferita ai fondi per l’assistenza ad personam destinata agli studenti con fragilità. Quest’anno, infatti (al momento, perché ci sono sempre variazioni in itinere), gli studenti che beneficiano dell’assistenza ad persona sono 124. Numero che corrisponde a una cifra assai sostanziosa, visto che stiamo parlando di oltre un milione e centomila euro. Visto che il numero degli assistiti tende ad aumentare sempre più, è chiaro che, di questo passo, i Comuni faticheranno sempre di più a coprire la spesa. Sarebbe opportuno e auspicabile, insomma, un intervento dello Stato.

Una riforma nazionale, insomma, che non dovrebbe limitarsi a fornire un supporto economico, ma che potrebbe, anzi, dovrebbe coinvolgere anche il ruolo degli assistenti ad personam, i quali sono troppo spesso «disarmati» rispetto all’importante e delicata sfida che li attende nelle classi. Non bisogna infatti dimenticare che gli studenti seguiti dagli assistenti ad personam sono deboli, solitamente con problemi di non poco conto. Studenti che necessitano di personale specializzato, in grado di far fronte a situazioni che in molti casi sono molto difficili.

A fronte di queste necessità, le cooperative forniscono spesso assistenti precari, che quindi non garantiscono la necessaria continuità; sottopagati o malpagati, che quindi non sono incentivati ad impegnarsi come sarebbe invece necessario; e a volte pure non troppo preparati a svolgere un compito delicato come il loro.

E se si tiene conto del fatto che spesso anche i docenti di Sostegno non sono all’altezza della situazione (molti insegnanti, infatti, ripiegano sul Sostegno per avere un lavoro in attesa di trovare il posto nella loro classe di concorso), si capisce sin troppo bene come certi ragazzini in difficoltà non siano proprio fortunati. Capita che abbiano un docente di Sostegno che è lì con la valigia in mano perché non vede l’ora di passare a Matematica o Lettere, e un assistente ad personam precario e sottopagato, che vien a scuola giusto per mettere insieme il pranzo con la cena.

Cosa legittima, intendiamoci, che fanno tutti. Ma per lavorare con certi ragazzini serve essere dei professionisti, ma è pure necessario avere una particolare sensibilità e passione. MTM