Santa Lucia… Basta nominarla, per evocare nei bresciani alcuni dei loro migliori ricordi d’infanzia. La fanciulla luminosa e tintinnante, sul carretto tirato dall’asino, che omaggia i bravi piccini e getta la cenere negli occhi dei discoli… Ma com’è nata questa figura?

S. Lucia di Siracusa (III sec. – 13 dicembre 304) è una giovane martire cristiana. La sua storia viene tratta principalmente da un testo in lingua greca (inizio V sec.) e da uno in latino (fine V sec. – inizio VI sec.). Questi e altri dettagli sono disponibili su www.santiebeati.it . Secondo l’enciclopedia “I Santi nella Storia” (2006, Edizioni San Paolo, vol. XII),  la martire, figlia di una nobile famiglia siracusana, era già promessa sposa, quando si convertì al Cristianesimo. Optò per la verginità consacrata, cosa che le costò la denuncia come cristiana da parte del fidanzato. Subì diverse torture, prima di essere messa a morte. 

Divenne così una vittima della persecuzione sotto Diocleziano e Massimiano (303-311). 

I famosi occhi sul piatto che la contraddistinguono non alluderebbero a un supplizio, come comunemente si crede, ma alla radice del suo nome: la medesima del latino “luce(m)”, “luce”. Il 13 dicembre era anche la data del solstizio d’inverno, sul vecchio calendario giuliano. 

L’aura di bellezza e giovinezza, il nome “luminoso”, la coincidenza del giorno legarono S. Lucia alle speranze e ai festeggiamenti per l’allungamento del dì. La ricorrenza cade a proposito in Avvento, quasi ad anticipare il Natale.

Perché è così amata a Brescia e in altre località norditaliche? Innanzitutto, perché le sue reliquie sono attualmente custodite a Venezia, della cui Serenissima Repubblica Brescia fece parte dal XV al XVIII sec.  In più, il 13 dicembre 1438, i bresciani, con l’aiuto dei veneziani, respinsero le truppe milanesi guidate da Niccolò Piccinino

La vittoria fu attribuita all’aiuto dei santi Faustino e Giovita, ma anche a quello di S. Lucia, commemorata quel giorno. 

Un breve saggio è stato dedicato all’argomento da Anna Maria Perini, insegnante bresciana e autrice di: “La vera storia di Santa Lucia e delle ombre di Natale” (Gussago 1991, Editrice Ermione). Come ella spiega, nell’immaginario celtico e in quello romano le notti poste a cerniera fra una stagione e l’altra erano attraversate da fate e larve, o addirittura dalla dea Ecate: figlia della Notte, signora dei passaggi e delle vie. I contadini s’ingraziavano queste forze con offerte votive, perlopiù di cibo e vino. (Chi non ha lasciato acqua e fieno per l’asinello, biscotti e latte per la santa?). 

Premio per la generosità sarebbero stati fertilità e abbondanza, nella bella stagione; il castigo la morte dei bambini, l’essiccazione del raccolto, l’incenerimento degli alberi da frutto (ecco la cenere e il carbone per i “cattivi”!).

S. Lucia ha conquistato anche il cuore degli svedesi, abituati a notti invernali ancor più severe. Il folklore di lassù vede processioni di fanciulle abbigliate di bianco, con sette candele sul capo. Il 13 dicembre, in Svezia, è anche la “Lussinatta”, “Notte di Lussi”: quella in cui questa creatura femminile notturna solcava il cielo col suo seguito, nella mitologia precristiana locale. Il timore che suscitava era simile a quello per la “Caccia Selvaggia” guidata da Odino, di cui abbiamo parlato nello scorso numero. Tra la “Lussinatta” e Yule (l’antico solstizio d’inverno in Germania e Nord Europa), si riteneva che spiriti maligni spadroneggiassero nella notte. 

In particolare, Lussi era un terrore per i bambini indisciplinati. (Vedasi “Saint Lucy’s Day”, in: “Wikipe-dia, the free encyclopedia” https://en.wikipedia.

org/wiki/Saint_Lucy%27s_Day ). 

Paura del buio, attesa della luce e dell’abbondanza: è forse possibile separarli?

Erica Gazzoldi