Pedagogista, docente presso l’Università della Valle d’Aosta, il professor Andrea Bobbio partecipa al Premio Nazionale Franciacorta, per il primo anno, in qualità di presidente della commissione Pedagogia. Al fine di approfondire lo spirito con il quale affronterà questo importante incarico e di conoscere alcuni pensieri sulla disciplina oggetto del suo studio, abbiamo avuto il piacere di scambiare con lui qualche pensiero.

Professor Bobbio, in primo luogo, come lo studio e l’interesse per la Pedagogia possono trovare terreno fertile nell’ambito di un concorso di natura letteraria? 

La parola espressa, anche in forma letteraria, educa, crea, plasma, struttura, ma anche forma, smonta, spiazza, decostruisce: tutte queste azioni presentano risultanze che la Pedagogia studia, che indaga come terreno privilegiato della sua azione di lettura dei fenomeni della realtà e della società, cercando risposte agli interrogativi sulle cause e le modalità con cui tali mutamenti avvengono. Attraverso il suo linguaggio specifico, inoltre, la pedagogia interpreta la cultura dal punto di vista dell’educazione e ne legge le risultanze in termini tanto collettivi quanto individuali. 

Molte sono le problematiche che la contemporaneità sta affrontando nel campo dell’educazione: abbandono precoce della scuola, un numero sempre crescente di studenti interessati da disturbi dell’apprendimento e, in generale, un progressivo interrogarsi sull’efficacia delle metodologie di docenza “tradizionali”. Che posizione si sente di assumere in merito? 

Personalmente credo che la scuola, nel corso dei decenni, sia stata investita, progressivamente, di compiti che, in realtà, pertengono all’intera comunità educante: insegnanti, sì, ma anche genitori, familiari, colleghi, etc. Nel tempo, ci siamo resi conto di come la formazione si sia posta come fattore indispensabile per la definizione di ogni dimensione che pertiene alla persona, in una logica di costante interazione tra queste diverse “sfaccettature” del medesimo soggetto. Il problema si è posto specificatamente nel momento in cui la scuola ha iniziato ad assumere una struttura prettamente funzionale: programmi e processi in serie, finalizzati al solo scopo di selezionare classi di soggetti capaci di rispondere più alle esigenze sociali ed economiche che, piuttosto, tali da stimolare, nell’educando, spirito critico, libertà di pensiero e creatività. 

Ritiene che le moderne tecnologie di comunicazione, come social networks e simili, possano essere efficacemente sfruttati per garantire uno sviluppo cognitivo ed educativo delle più giovani generazioni? 

Le tecnologie, indubbiamente, possono svolgere una funzione di democratizzazione dei processi di apprendimento, di individualizzazione degli stessi, di delocalizzazione dello studio individuale. Il loro uso, tuttavia, dovrebbe mantenere una curvatura umanistica, capace di conservare i valori del dialogo, della relazionalità e della verità. Dovrebbero inoltre rispettare il principio della salvaguardia dell’infanzia, cioè del diritto del bambino al corpo, al suo corpo, e a quello di compagni ed educatori. E poi il suo diritto all’ambiente, a sporcarsi le mani, a sbagliare, a perdere tempo e a riprovare. Tutte attività che richiedono tempo, riflessione e un grado di partecipazione che, spesso, l’immediatezza dei social networks non sono in grado di assicurare.

Che tematiche emergono, principalmente, dal confronto quotidiano con studenti e colleghi legate alle esigenze educative dell’Italia post-pandemica?

Un notevole incrementarsi di quei bisogni che, come sottrattici durante i momenti più duri della pandemia, hanno prodotto una sorta di “crisi d’astinenza”: riscoperta della relazione interpersonale e della dimensione della socialità, bisogno di leggerezza, di contatto con la natura e con ciò che ci circonda.

Infine, in che veste desidera interpretare il proprio ruolo di Presidente della Sezione Pedagogia dell’edizione 2023 del prestigioso Premio Nazionale Franciacorta?

In quella, direi, di un “curioso scopritore” di contributi che certamente sapranno essere arricchenti e culturalmente significativi, capaci di portare alla luce e condividere pensieri e punti di vista in un contesto insolito, informale e, soprattutto, gioioso. 

Leonardo Binda