Dopo le dure restrizioni dettate dalla pandemia, anche per gli eventi culturali è giunta l’ora di una progressiva ripartenza e così che, grazie all’associazione “Il Filo” in collaborazione con Città di Rovato, Comune di Gussago, l’ordine dei Servi di Maria e la disponibilità della Fondazione Vittorio e Mariella Moretti, nella serata di giovedì 27 maggio si è tenuta la conferenza dal titolo “Le regole al tempo del coronavirus”; relatore il dott. Gherardo Colombo (nella foto al centro).

Circa un centinaio i presenti, impeccabile l’organiz-zazione a partire dalle prenotazioni fino al mantenimento delle distanze di sicurezza; queste ultime, garan-tite dall’accurata dislocazione dei posti a sedere all’interno de chiostro, hanno permesso ai partecipanti un ascolto confortevole in un luogo davvero molto suggestivo.

L’evento fa parte del ciclo di conferenze della stagione II “L’Ascolto”, seguente al successo della stagione I dedicata al tema del “Lin-guaggio”, ed a cui farà seguito la stagione III dal titolo “L’Azione”.

L’avv.to Elena Pellerey, presidente dell’associazione, ha salutato i presenti e presentato il dott. Gherardo Colombo: per oltre trent’anni è stato magistrato presso il Tribunale, la Procura della Repubblica di Milano e la Corte di Cassazione, occupandosi di celebri inchieste giudiziarie: dalla Loggia P2 a Mani Pulite, dall’omicidio dell’avv.to Ambrosoli al processo IMI-Sir. 

Ha lasciato la magistratura nel 2007 fondando, insieme ad alcuni amici nel 2010, l’associazione “Sulleregole” con la quale si dedica alla riflessione pubblica sulla giustizia e all’educazione alla legalità. Incontra ogni anno circa 250 mila studenti in tutta Italia e, proprio per tale attività, ha ricevuto il premio “Cultura della Pace 2008”. 

È attualmente presidente della Garzanti Libri e, dal luglio 2016 è coordinatore del Comitato sulla Legalità del Comune di Milano.

Prima di passare la parola al dott. Colombo ha così introdotto il tema della serata: 

«Le regole sono sempre state un problema un po’ spinoso perché in Italia si tende a raggirarle. 

La pandemia ci ha messo di fronte a norme calate improvvisamente dall’alto, senza alcuna partecipazione popolare. 

Sono entrate fin nella sfera del privato, stravolgendo le nostre vite con rapporti interpersonali interrotti e norme rigide da seguire. Qualcuno le ha definite leggi liberticide. 

Forse ci saremmo anche abituati se qualcun altro non avesse posto il tema della responsabilità.

Certo la libertà è un diritto costituzionalmente garantito, ma ogni diritto ha un limite ed il limite in questo caso è stato la tutela della salute degli anziani, dei malati, dei fragili. Fin dove è giusto tacere i nostri diritti per ascoltare quelli degli altri? 

Il senso di responsabilità a cui siamo stati chiamati, può farci credere che andremo verso una società più giusta che si pone all’ascolto delle persone, dei loro bisogni, delle loro fragilità o alla fine tutto questo sarà soltanto un’illusione?»

Per rispondere a queste domande il dott. Colombo ha condotto i presenti attraverso una riflessione ed una analisi filosofico-sociale-costituzionale di quelle espressioni oggi tanto utilizzate quali: la libertà, i diritti costituzionali, le regole, ecc.; tutti termini che sottendono significati profondi che si intrecciano tra loro nel-l’ambito del contesto pandemico italiano. L’obiettivo è stato quello di promuovere il raggiungimento di un equilibrio valutativo individuale, che fosse scevro dai condizionamenti esterni, dalle correnti politiche e di pensiero, dagli interessi personali o di categoria, ma che mettesse al centro del ragionamento elementi come quelli della responsabilità sociale, della uguaglianza vera fra le persone e dell’altruismo; tutto ciò in un’ottica che portasse a trovare soluzioni che realmente mettono al centro il bene comune.

Il primo concetto affrontato è stato quello di “libertà”: che cosa è? Cosa significa? Molti la intendono come “il poter fare tutto quello che si vuole” ma in realtà non è così perché, essere liberi, vuol dire anche avere dei limiti, comporta delle rinunce. 

Es. banale: se bevo non posso dormire, per sentire devo tacere. 

Se compio un’azione scelgo di fare quella e non posso farne altre ed è evidente quindi che mi autoimpongo delle regole per fare ciò che più mi interessa. Il problema nasce quando, per esprimere la mia libertà, vado ad interferire con quella altrui.

Le libertà, soprattutto alcune costituzionali, al tempo del Covid sono state fortemente limitate dalle regole imposte dai governi. 

Qui Colombo porta tutti a riflettere sulla nascita della Costituzione (1948), contestualizzandola nella sua epoca storica, ossia quella post bellica, in cui nasce anche la Repubblica Italiana. Si comprende come essa sia una risposta alle politiche nazifasciste i cui prìncipi ispiratori erano quelli di favorire alcune classi sociali ed alcune etnie a danno di altre. 

Con la sconfitta dei nazifascisti, vengono bandite le ideologie antisemite e discriminatorie tanto che la Costituzione ne diventa una vera e propria risposta. Con la sua istituzione tutti diventano importanti, tutti cominciano ad avere uguali diritti indipendentemente dalle loro caratteristiche. Al centro viene messo il rispetto di qualsiasi uomo e di qualsiasi donna con veri e propri e diritti inviolabili. L’art.3 rappresenta uno dei cardini dell’intera Costituzione, della quale offre come chiave di lettura il principio di uguaglianza (e di non discriminazione).

Con lo sviluppo della società il problema nasce quando i diritti entrano in conflitto portando così a degli squilibri; la pandemia ha evidenziato in modo eclatante questo tipo di situazione: vi è il diritto alla libertà di circolazione, ma vi è anche il diritto di tutelare la salute delle persone più deboli e più fragili.

Oggi facciamo fatica a capire lo spirito che ispirò i padri costituenti perché viviamo delle libertà conquistate da altri; le attuali generazioni non capiscono di fatto cosa significhi perderle o essere perseguitati per l’apparte-nenza ad una specifica categoria o classe sociale.  

Ci troviamo quindi in una situazione critica in cui ognuno pensa al “proprio orticello” e si dimentica di tenere presente il principio di uguaglianza. 

In Italia, in particolare, facciamo fatica ad accettare una regola perché la identifichiamo spesso con una sanzione o la vediamo come un ostacolo al nostro interesse. La regola in realtà nasce come indicazione, come strumento per raggiungere un risultato, per normare delle situazioni, partendo dal principio che tutti dobbiamo essere garantiti nei nostri diritti purché non vengano calpestati i diritti dell’altro. 

Esiste inoltre un problema di sfiducia generale in chi stabilisce le regole e non abbiamo il senso della comunità; di fatto siamo fortemente individualisti.  

Come uscire allora da questa impasse?

La soluzione è l’ascolto reciproco e l’empatia, ossia il cercare di “mettersi nei panni dell’altro”; tra la libertà ed il limite si pone la conoscenza. Siamo tutti diversi, le diversità sono necessarie e non devono essere motivo di esclusione. 

Ampliare le conoscenze, avere la capacità di mettersi in crisi, di ascoltare l’opi-nione altrui tenendo presente anche la necessità del dubbio; solo così potremo recuperare quel senso di comunità ed altruismo che forse oggi ci mancano. Siamo in un periodo di grandi trasformazioni che, se saremo capaci di regolamentare, ci porteranno ad avere un sistema sociale migliore.

Forse è arrivato il momento di fermarsi a riflettere profondamente sui valori cardine della nostra società, senza farci travolgere dai “venti” impetuosi della quotidianità. Solo così arriveremo forse ad elaborare pensieri ed azioni etici ed equilibrati.

Emanuele Lopez