Anche il fiume Oglio avrà la sua panchina rossa, perché le sue acque non abbiano mai a macchiarsi di sangue di una donna uccisa con violenza. A volerla sono stati i pensionati che hanno scelto come luogo per lanciare il loro messaggio il territorio dell’Oasi, la loro seconda casa, soprattutto in estate. Proprio qui la rete di Dafne con i pensionati inaugurerà la panchina rossa martedì 26 marzo alle 18 con un momento di meditazione guidato da Claudia Ghidini. 

 I pensionati hanno recuperato una delle panchine dismesse al Parco Alcide de Gasperi ora in ristrutturazione e l’hanno spruzzata di rosso carminio per dire no alla violenza di genere, un messaggio di presenza, di solidarietà, di disponibilità all’ascolto e all’aiuto che arriva da ogni generazione. La prima a Orzinuovi è stata allestita in viale Marconi. Quella dell’Oasi le fa eco dalle folte chiome dei boschi della nostra pianura e del nostro fiume. “Il maltrattamento di genere è un crimine che va combattuto con l’impegno di tutti – ci riferisce Catia Piantoni, una delle 23 volontarie di Dafne. “Stavolta il messaggio sembra ancora più significativo perché arriva da un gruppo di uomini. E’ un problema sociale con profonde radici culturali. Qui vogliamo trasmettere la speranza e le donne sedute devono poter godere il piacere di stare insieme e raccontarsi senza paure”. L’idea della panchina è nata e si è concretizzata soprattutto dopo l’omicidio di Giulia Cecchetin, la giovane uccisa a coltellate dal fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre dello scorso anno. Il padre della Cecchetin, che ha recentemente pubblicato un libro dedicato alla figlia dal titolo “Cara Giulia”, ha raccontato: “Siamo noi uomini i primi a dover cambiare”. Quello dei pensionati di Orzinuovi è un modo per mostrare la vicinanza a questi drammi e lanciare un messaggio perché quanto successo non accada mai più”. 

La Rete Dafne è un servizio gratuito per l’assistenza alle persone vittime di reato. Nel territorio ovest della provincia ha sportelli a Chiari, Orzinuovi, Iseo e Palazzolo. Le volontarie, una trentina in tutto, gestiscono uno sportello di ascolto e si occupano anche di raccolta fondi per contribuire alla gestione delle donne vittime di violenza, che vengono portate via spesso insieme ai figli dalle case in cui abitano, per essere ospitate in comunità protette o in appartamenti., luoghi in cui la donna si senta al sicuro, trovi l’aiuto psicologico di cui ha bisogno e sia accompagnata verso il recupero di una prospettiva di vita. Silvia Pasolini