Per vocazione territoriale, oltre che per una lunga e ricca tradizione che da secoli ci portiamo alle spalle, la Bassa Bresciana ha da sempre un rapporto privilegiato con il Natale. Che sia per una questione di attaccamento alle usanze dei nostri nonni e genitori, che vedevano questa ricorrenza come un momento di unica gioia durante un’intera annata di fatiche nei campi e nelle botteghe, oppure semplicemente la bellezza del poter vivere, tutt’insieme, un momento di gioia condivisa. Ebbene, quest’anno, come ormai possiamo immaginare se la curva epidemica continuerà a rimanere entro queste corde, il Natale sarà molto diverso anche solo da quello dell’anno passato. Questo è il primo 25 Dicembre in compagnia, assai scomoda, di quel Coronavirus, che ha egoisticamente fatto concentrare tutta l’attenzione su di sé, coprendo con un cupo velo di dolore e mestizia ogni giorno da ormai tre stagioni. 

Sarà un Natale diverso sì, in parte anche nello spirito. Quanti tra i lettori hanno magari provato sulla propria pelle o su quella di un proprio caro la difficoltà di far fronte alla pesante prova che questo virus porta con sé. Molte, purtroppo, saranno le sedie vuote quest’anno al tavolo di tante famiglie: nonni, zii, amici o parenti di vario grado che si sono spenti durante questi mesi di tumulto e timore. 

Il mondo però non si deve fermare, non deve venire meno la gioia che portiamo nel cuore e che, costretta, è stata spinta a celarsi fin nel profondo della nostra anima. Così, proprio in queste settimane in cui si avvicina la festività per eccellenza guardiamo con speranza al futuro. 

Ed è il territorio, ne siamo quasi certi, la vera risposta a questa crisi. Riscoprire ciò che siamo stati, ciò che fonda nell’intimo le nostre radici culturali, sociali ed economiche. Per chi ha avuto il coraggio di iniziare un’attività imprenditoriale, che sia nel recente o remoto passato, è stata una prova davvero ardua, e così sarà anche nel futuro. Paura, speranza, la fiducia di una ripresa nella costante sensazione di figurarsi al di sopra del proprio capo una spada di Damocle, minacciosa, pronta ad infierire il suo colpo nell’attesa di inaspettate ed infauste notizie. Anche qui è responsabilità unanime, di ognuno di noi, fare la differenza. Sembra mera retorica, ma se tutti cogliamo una pietra il monte si sposta, se tutti intoniamo la stessa nota dallo stonato canto di uno si creerà una soave melodia: nulla è impossibile se suffragato dalla volontà. Cosa ci ha resi grandi in questi decenni? Cosa ci riempie d’orgoglio di noi stessi come popolo, anche se spesso non lo ammettiamo, se non un’assidua laboriosità e uno strenuo attaccamento alle nostre radici? Parte da noi dunque, da tutti noi, la strada che vogliamo intraprendere. Diamo linfa al nostro tessuto economico, investiamo nei prodotti e nelle qualità di chi vive al nostro fianco. Viviamo il Natale a fianco del nostro commercio locale. Sì, perché, utilizzando una semplice metafora, un negozio vuoto è come un deserto, lugubre e sterile, e come tutte le distese di sabbia tende ad espandersi in ogni direzione. Ieri uno, oggi l’altro, domani chi può dirlo. 

Viviamo, per quanto possibile, queste festività nel segno della speranza in un domani migliore. Ciò che la vita non ci ha tolto possiamo riconquistarlo insieme, nel ricordo e nel costante esempio e cordoglio di chi ci ha lasciati, seguendo quell’esempio di dedizione e passione che una grande generazione come quella dei nostri genitori e nonni ha saputo tramandarci. 

Leonardo Binda