Non c’è più la fiera di una volta: infatti, se ci fosse, di anni ne avrebbe compiuti 200. 

Correva l’anno 1818 … Una fiera “di merci e bestiami”, anche quella della “durata di cinque giorni consecutivi”, concessa “con venerata patente del 19 maggio 1817”: così recitava, tra l’altro, l’avviso che rendeva noto il decreto emanato dal governo di allora. Orzinuovi era da non molto entrato a far parte dell’austriaco Lombardo-Veneto. E ancora: “Se ogni anno va progredendo l’istituzione preesistente del mercato, che succede in questo Comune il venerdì d’ogni settimana, deve molto più promettere l’attivazione d’una Fiera di cinque giorni continui ed in stagione sì propizia”. Perché quella fiera aveva una veste autunnale, un po’ da mezza stagione: “avrà principio il 3 di ottobre”.

Si ha l’impressione che il nuovo regime avesse a cuore le sorti dell’economia locale: “Offre molto ai commercianti anche la situazione topografica del paese fornito di piazze e locali opportunissimi, sia per l’esercizio delle contrattazioni, che per la riunione e ricovero del bestiame in tempo di notte ed in caso di pioggia”. E poi: “Si previene per ultimo che per l’entrata in Fiera non si paga veruna tassa, salvi però i diritti di Finanza, e ferme le prescrizioni vigenti in linea Sanitaria e di Polizia”. 

Essendo una fiera, all’occasione del vantaggio economico si univa anche allora quella dello spasso collettivo. Ecco quali divertimenti ci avrebbe riservato l’edizione del 1818: 

“Nella sera del giorno 4 sarà incendiata nel miglior prospetto della Piazza una Macchina di Fuochi artificiali rappresentante un Tempio elevato sopra una gradinata, colle statue de’ Santi anzi celebrati, ed altre allusive.” Sì, perché ogni fiera ha i suoi santi, e dunque: 

“Festività straordinaria nella Chiesa maggiore nei dì 4 e 5, e in continuazione della Fiera; la prima ad onore della B.V. del Rosario, la seconda di S. Luigi Gonzaga.” E qui si inserisce la nota culturale: 

“Queste solennità saranno decorate da peregrine tapezzerie nel Tempio, e da scelta Musica composta e diretta dal Maestro Sig. Marco Arici soprannominato il Maestrino, non che eseguita da rinomati Professori delle Provincie di Bergamo e Brescia.” Ed ecco un doveroso ritorno ad una religiosa compostezza: 

“Da due distinti Oratori saranno tessute panegiriche Orazioni alla gloria della V. Madre e dell’Angelico Santo.” E poi, ma con moderazione, qualche svago popolare: 

“Vi saranno nel Teatro due feste da Ballo, condotte colla maggiore decenza e disciplina nelle sere del 5 e 7; e a trattenimento del Popolo una corsa di Fantini nel sacco, con premio ai vincitori, in giornata da fissarsi.” 

Prima, però, un corposo programma di assaggio: 

“Rappresentazione teatrale di due Drammi giocosi in musica continuativa per dodici sere almeno, cominciando da quella del 26 corrente settembre. La musica sarà da celebri Maestri e da buoni soggetti eseguita così nella parte vocale, che nella istrumentale.” 

Nell’archivio del Comune di Orzinuovi è conservato il documento sopra riportato: interessante testimonianza di un linguaggio d’altri tempi, evocatore di altre atmosfere. Una fiera che muoveva i primi passi, ma che già dava segni anche di un certo impegno organizzativo. 

A questo proposito, un’altra testimonianza: il progetto per adeguare il sotterraneo del bastione detto di S. Francesco. Si dovevano ricavare le stalle per il ricovero del bestiame da esporre in fiera. La data: 20 luglio 1818. 

La Fortezza, con i suoi baluardi e le sue cortine, ancora esisteva. Sarà smantellata una decina d’anni dopo, sconvolgendo un assetto che per secoli aveva caratterizzato la quotidianità dei nostri antenati. 

Era imponente la Fortezza di Orzinuovi, ma la sua imponenza, e la sua rilevanza storica, risultano non percepibili attraverso i pochi tratti delle mura sopravvissute. Stiamo lavorando alla sua virtuale ricostruzione, per colmare questo imperdonabile vuoto, con un progetto intitolato (non a caso) “La lacuna di Venezia”. L’anteprima, proposta sotto, mostra un ritaglio circoscritto e ancora in fase di elaborazione, ma già offre un saggio eloquente di quella che sarà la visione finale. 

MARIA CARLA FOLLI