Nel corso dei decenni una cosa ha sempre messo tutti d’accordo: la Fiera s’ha da fare. Non ci sono scuse. Che si tratti di cittadini, amministratori, commercianti, agricoltori o imprenditori tutti, dal 1948, hanno voluto perpetuare nel tempo questa tradizione dallo spirito tutto orceano.

Mai s’è d’accordo sui temi, mai sulle proposte, mai persino sui tempi, dato che molti preferirebbero che essa si svolgesse qualche settimana più avanti dell’attuale ponte tra la fine di agosto e i primi di settembre. Ebbene, nonostante questo costante vociare di sottofondo, la Fiera ha sempre saputo emozionare, come un’artista solista su un palco che infischiandosene della rumorosa platea continua imperterrito la sua esibizione. Il 2020 è stato, almeno fino ad ora, certamente un anno nefasto. I latini avrebbero sentenziato “mala tempora currunt”, sperando di risparmiarci il “sed peiora parantur”. Le nostre vite sono state sconvolte da qualcosa che a mala pena abbiamo potuto comprendere e far comprendere a chi vive in mezzo a noi. Abbiamo sacrificato la nostra quotidianità, il bene più scontato ma anche più prezioso di cui possiamo godere. Quest’anno la Fiera non si farà. Una scelta certamente difficile per chi ha avuto la responsabilità di prospettarla e altresì per chiunque la stesse aspettando, ma dovuta, fattuale, sincera.

In fondo che altro sarebbe la Fiera di Orzinuovi senza gli Orceani? Sarebbe qualche tendone, un ripetitore qua e là, una piazza svuotata del suo significato più intimo ossia la gente, il popolo di questa città. Negli anni questa manifestazione ha cambiato continuamente volto alla costante ricerca dello stupore, del sorriso, della gioia, di un fine che si rinnova sempre ma che non cambia mai. Spensieratezza, ci verrebbe da dire, che traspare dalle cronache di infinite pagine di giornali, testi, studi e racconti, che qualifica perfettamente e con una concretezza invidiabile ciò che ogni uomo desidera nel suo profondo, ossia la pace, quel sereno otium che non è pigrizia ma una crescita accompagnata dai sensi e dalle sensazioni e non dagli orpelli talvolta macchinosi della logica e della ragione. Si badi, non è retorica ma un’indagine profonda di ciò che per sempre, per tutti ognuno a suo modo, sarà la Fiera, la Fiera di ciascuno. 

PAESE MIO, il suo Editore e la sua Redazione hanno voluto ripercorre, in alcuni testi che troverete nelle prossime pagine, alcuni aneddoti della storia della nostra Fiera Regionale. Una scelta che non è dettata da un voltare lo sguardo verso un passato che, col senno di poi, sarà sempre meglio del presente ma piuttosto da una forte tensione verso il futuro, per trarne un esempio di rinascita, di ripartenza, di rinnovato coraggio nella nostra vita di ogni giorno, con le sue fatiche e i suoi (anche se piccoli) momenti di gloria. 

Leonardo Binda