Avete mai pensato a come il vostro modo di pensare la vita, le relazioni, il mondo che vi circonda abbia una influenza sul vostro stato di benessere?

Epitteto affermava che gli uomini non sono angosciati dalle cose, ma da quello che pensano sulle cose e un altro scrittore famoso più vicino a noi, Mark Twain, poneva la stessa riflessione quando scriveva nel noto aforisma che gran parte della vita l’ha passata a preoccuparsi di cose che non sono mai successe. Oltre a loro chissà quanti altri letterati, scrittori saranno giunti a simili conclusioni e cioè a come certe forme e modi di pensare noi stessi e gli altri abbiano il potere di indirizzare la vita verso una condizione di benessere o malessere. 

Ognuno di noi può fare esperienza di questo: provate a sondare e vagliare la qualità dei vostri pensieri e vi renderete conto dell’impatto che hanno sullo stato emotivo. In altre parole, se vi pensate e pensate bene degli altri, vi sentirete predisposti ad andare verso il mondo con l’apertura mentale di chi vuole scoprire e fare nuove conoscenze, nuove esperienze. Percepirete una sensazione positiva dentro il vostro corpo, di tranquillità, di sicurezza, di adeguatezza che si tradurranno in comportamenti in sintonia con quelle sensazioni e stati emotivi. Se, al contrario, avrete pensieri negativi, disfattisti, svalutativi, catastrofici, assolutizzanti, per esempio, inizierete a sentire tensione dentro di voi, frustrazione, ansia, paura che, anziché portarvi all’apertura verso l’esterno, vi condurranno a chiudervi di più in voi stessi oppure a chiudere le relazioni con l’altro. Il risultato è che, comunque, agirete delle scelte che saranno in linea con quel modo di pensare e di sentire. 

Questo succede perché non siamo fatti a compartimenti stagni, bensì siamo un tutt’uno integrato o meglio da integrare dal momento che spesso questi aspetti cerchiamo di tenerli separati se non addirittura escluderli o rimuoverli dalla coscienza, anziché renderci consapevoli della loro interazione ed effetti sul nostro stato di salute. 

Certe forme di disagio e di disturbo psicologici, infatti, che in alcuni casi si trasformano in somatizzazioni, sottendono questo tentativo inconscio di tenere lontano qualcosa che non si vuole sentire, riconoscere fino in fondo. L’obiettivo di un percorso psicologico è quello di portare in superficie, alla piena consapevolezza ciò che il sintomo, disturbo nasconde: pensieri rigidi, estremi, per nulla obiettivi, convinzioni irrazionali, emozioni soffocate, represse, che ostacolano il conseguimento del proprio benessere e dei propri scopi. In questi casi, come anche nei casi meno conclamati, si tratta di aiutare la persona a riapprendere un modo più adeguato, obiettivo e flessibile di pensare la realtà attraverso un lavoro di consapevolezza che parte dal saper riconoscere quanto alla base di reazioni emotive e comportamenti disfunzionali ci siano pensieri estremi, rigidi in contrasto con la realtà oggettiva, illogici. 

Tra le categorie fondamentali di pensiero irrazionale ve ne sono alcune che facilmente possiamo riconoscere nel nostro modo di ragionare, che spesso usiamo in modo reattivo, una tantum soprattutto nei momenti di rabbia, di sconforto e non hanno nulla di minaccioso; se diventano però una forma mentis costante del vivere, possono pesare considerevolmente sull’equilibrio psicofisico. Sono ad esempio le “pretese assolute” (doverizzazioni o bisogni assoluti) espresse attraverso la forma linguistica del: “Io devo assolutamente…, gli altri devono assolutamente..”, “non posso fare a meno di..”,in cui si sottolinea l’impossibilità di contemplare un modo diverso di vedere le cose, più flessibile e variegato oppure il cadere nel catastrofismo con frasi del tipo: “sarebbe terribile o un disastro se si verificasse…” dove si creano scenari la maggior parte dei quali, guarda caso, non si avverano affatto. Nel frattempo, aimè abbiamo creato ed alimentato l’ansia, la paura dell’attesa che tutto ciò si verifichi. 

Alla stessa stregua sono da considerare i giudizi globali su di noi o sugli altri espressi attraverso delle svalutazioni o condanne come quando ci diciamo: “non valgo niente…” “sono un idiota..”, “non ci si può fidare di nessuno..”, in cui ad essere portata sul banco degli imputati per essere accusata è la nostra o altrui persona senza capacità di distinguere l’essere dal fare.

Questi sono solo alcuni degli esempi da cui si può evincere una considerazione: questo modo di pensare irrazionale è fuorviante, rigido, limitante, per nulla obiettivo, tendente a ridurre la realtà dentro schemi inadeguati a leggerla e di conseguenza generatore di malessere. 

Vale la pena quindi fermarsi ogni tanto a riflettere sulla qualità dei propri pensieri e a sintonizzarci sulla qualità delle emozioni che stiamo provando per comprendere il peso che hanno sulla nostra vita e soprattutto se ci stanno aiutando a raggiungere i nostri obiettivi. La bella notizia è che non c’è nulla di deterministico e immutabile in tutto questo.  

Se lo vogliamo, in qualunque momento della vita, abbiamo la possibilità di riapprendere nuove modalità cognitive più consone alla realtà, più flessibili e in grado di aprirci alla moltitudine di ciò che siamo e di ciò che la vita è in grado di offrirci per garantirci il diritto a vivere una vita all’insegna dell’equilibrio con noi stessi e con gli altri.  

Dott. Ettore Botti

Presidente del Centro

per la famiglia