Nella mattinata di giovedì 26 gennaio gli studenti delle classi quinte dell’Istituto d’Istruzione Superiore Grazio Cossali di Orzinuovi hanno preso parte ad una conferenza relativa al Giorno della Memoria. Istituita dalla Repubblica Italiana con la legge del 20 luglio 2000, il Giorno della Memoria intende ricordare la Shoah, così come la vile promulgazione delle leggi razziali, la persecuzione fascista verso i cittadini italiani di etnia ebraica, nonché coloro che, anche in ambiti professionali e schieramenti politici diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, ne hanno salvate altre. 

L’incontro è stato organizzato dalla Biblioteca d’Istituto, coordinata dalla professoressa Antonietta Locatelli, insieme con la Commissione Biblioteca e il bibliotecario, con la Pro Loco e il Museo della Stampa di Soncino, e l’Associazione Figli della Shoah, fondata nel 1998. Il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio, in quanto nel 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau, il più grande mai realizzato durante il Terzo Reich. I campi di concentramento e sterminio erano luoghi disumani, di tortura, all’interno dei quali venivano effettuati dei sadici esperimenti scientifici sui prigionieri, trattati come cavie. 

Le parole del Generale americano Dwight D. Eisenhower, nel secondo dopoguerra, non furono mai più profetiche: “Raccogliete tutte le prove, testimonianze, scattate fotografie, perché lungo la strada della storia qualcuno si alzerà e dirà che queste vicende non sono mai accadute”. Un impegno, quello ad esercitare la memoria, portato avanti dalla senatrice Liliana Segre, superstite della Shoah e testimone attiva dell’Olocausto, e dal compianto Simon Wiesenthal, che dedicò gran parte della sua vita a raccogliere informazioni sui nazisti in latitanza per poterli rintracciare e sottoporre a processo. Il termine Shoah indica lo sterminio della popolazione ebraica durante la Seconda Guerra Mondiale, quando circa 6 milioni di ebrei vennero uccisi dai nazisti. 

Enrico Grisanti, consigliere dell’Associazione Figli della Shoah, illustra la mostra “Punti di luce”, allestita a Soncino. Il nostro territorio, dal punto di vista storico, è intrinseco alle vicende della popolazione ebraica. Giuseppe Cavalli, consigliere della Pro Loco e responsabile del Museo della Stampa di Soncino, sottolinea come nel 1488, nel paese cremonese, venne stampata la prima Bibbia ebraica. La mostra narra le storie, l’importanza cruciale e il punto di vista femminile all’interno della popolazione ebraica già prima dell’Olocausto. Le donne ebree, infatti, ricoprivano un ruolo importante nella società ebraica, soprattutto dalla comparsa dei primi ghetti nelle principali città dell’Est Europa. Madri, mogli e vedove, che dovevano occuparsi di garantire ai figli una vita dignitosa. I pochi uomini rimasti non detenevano più grande importanza. I bambini furono tra le prime vittime delle violenze naziste, in quanto inabili al lavoro. Le donne si rivelarono una preziosa risorsa all’interno dei campi, ricoprendo il ruolo di insegnanti per i più piccoli in improvvisate scuole nel campo e confortandoli. Si prestarono anche come lavoratrici nelle industrie pesanti, sostituendo gli uomini impegnati nel conflitto, oppure combattendo in prima linea nelle diverse formazioni partigiane di liberazione. 

La vita nei campi di concentramento produceva dei contraccolpi psicologici tragici nei confronti dell’individuo: ogni prigioniero veniva rasato, privato dei propri effetti ed affetti e marchiato sulla pelle, in modo da cancellare ogni elemento di personalità e dignità umana e procedendo all’instaurazione di un totale anonimato e oggettivazione dell’uomo. 

Tre sono le date fondamentali nella storia italiana per le sorti della cittadinanza di origine ebraica: il 5 settembre 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, che privavano gli stessi dei principali diritti e doveri civili. La popolazione ebraica venne etichettata come di “seconda classe”, nonostante nessuno, all’interno dell’opinione pubblica, comprendesse le motivazioni di tali discriminazioni. Altra chiave di volta è fissata il 10 giugno 1940, quando l’Italia entrò in guerra a fianco della Germania Nazista, legittimando e accettando, di fatto, il modus operandi circa la “questione ebraica”. Tuttavia, il peggioramento cruciale avvenne all’indomani dell’8 settembre 1943 con l’Armistizio di Cassibile. Le truppe tedesche, infatti, divennero forze militari occupanti sul suolo italiano, spedendo tra le braccia delle morte un numero indefinito di ebrei italiani. 

Drammaticamente memorabile il 16 ottobre 1943, quando da Berlino arrivò l’ordine di trasferire in Germania e liquidare tutti gli ebrei, mediante un’azione di sorpresa. Un colpo inatteso, per gli ebrei a Roma. Alle 5.30 di sabato 16 ottobre 1943, provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi dei nuclei familiari, 300 soldati tedeschi iniziarono in simultanea la caccia per i quartieri. L’azione fu capillare, nessuno venne risparmiato. Tutti furono caricati a forza sui camion, verso una destinazione sconosciuta. Alla fine, le SS registrarono la cattura di 1.024 ebrei romani. Due giorni dopo, i prigionieri vennero caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame in partenza dalla stazione Tiburtina. Il 22 arrivò ad Auschwitz. Dei prigionieri ne tornarono solo 16, fra cui una donna. Nessuno dei bambini si salvò. 

Il viaggio verso Auschwitz, con una tappa intermedia presso il campo di concentramento Fossoli – Carpi, avvenne in condizioni invivibili tra torture, sevizie e condizioni sanitarie inesistenti, che causarono già la morte di molti individui. Auschwitz è stato il campo di sterminio simbolo della follia assassina nazista ed emblema della “soluzione finale”. Un terribile inferno sceso sulla Terra, dove gli uomini venivano separati dalle donne e la possibilità di un ricongiungimento familiare assente. L’impatto psicologico del campo nei confronti dei nuovi prigionieri era devastante: incrociavano, infatti, lo sguardo, durante i duri appelli quotidiani, con altri corpi scheletrici e con il fumo denso ed acre proveniente dai camini dei forni crematori. Tutti comprendevano all’istante la loro sorte.

Il nostro pensiero è rivolto a tutte quelle donne, uomini e bambini che hanno vissuto queste atrocità, ma non hanno avuto l’onere di tramandarle ai posteri tramite l’esercizio della memoria.

Giulia e Chiara, classe  5^B Liceo Scientifico