Torna a battere i suoi rintocchi l’orologio del campanile di Barco, che si era fermato sulle 18 l’anno scorso durante il periodo dei terribili nubifragi estivi e primaverili. Anch’esso come tanti alberi, tanti tetti scoperchiati, non aveva resistito alla furia del vento e il quadrante nel mese di maggio era rovinato al suolo, senza creare fortunatamente nessun danno, ma rompendosi in tanti pezzi. Così il tempo per la frazione orceana si era fermato ad un anno fa e non è facile rinunciare ai rintocchi dell’oro-logio quando le giornate sono da secoli scandite dalle ore del campanile.

“Ora – ci spiega il vicesindaco Laura Magli –  l’amministrazione comunale è intervenuta, i cittadini di Barco sono molto affezionati al loro campanile e il 5 giugno un nuovo orologio è tornato a segnare il tempo in cima alla torre della chiesa”. E’ Barco una piccola frazione di circa 250 abitanti, con case disposte una a fianco all’altra e intervallate da oasi di verde in una stupenda geografia della campagna bassaiola. In questa tessitura di abitazioni e di prati, pare che uomini e cose convivano ancora in un’unica scena di parecchi anni orsono.

Il tempo, qui, scandito ancora dai rintocchi delle campane suonate da Ascanio Quaranta e dall’orologio che è tornato a troneggiare in grande stile su un maestoso campanile, non corre, incede lentamente e in qualche angolo pare addirittura essersi fermato. 

Sul campanile  in questa bellissima chiesa di campagna, c’è l’orologio, ci sono le campane e poi c’è Ascanio Quaranta, che da una vita si occupa di entrambi. 

Ascanio un abitante della frazione, tira le corde a mezzogiorno e alla messa vespertina, spesso con i suoi amici Amilcare Pezzola, Massimo Biatta, Giacomo Fabuselli e a volte porta con sé anche le nipoti, tra le quali la piccola Matilde di quattro anni, che si diverte da impazzire al suono maestoso dei bronzi.

A lei vorrebbe tramandare questa passione. 

Basti pensare che fino a 10 anni a il meccanismo  dell’orologio andava regolato e caricato ogni giorno a mano con un sistema di pesi.

Ed era ancora Ascanio a conoscerli alla perfezione.   Ogni giorno saliva quegli scalini della torre campanaria e attraversava una porticina di legno fino a trovarsi lassù dove la vista passa attraverso il cielo e  le stelle.

A quell’altezza tutto gli sembrava incredibile e l’immensa distesa del cielo si confondeva all’orizzonte con quella dei campi di grano.

Ascanio stava là e muoveva il suo meccanismo per ritmare la vita dei suoi compaesani. 

Non chiedeva nulla di più. Gli bastava la luce del sole che sfrecciava alla cieca sulle case del suo paese.

Gli era sufficiente la regolarità dell’esistenza  che continua e che batte come un orologio. 

La vita dei suoi amici, dei suoi famigliari. 

I dolori e gli amori della sua frazione.

Silvia Pasolini