Arriva l’estate ma non sarà un’estate come tutte le altre. Anche sui monteclarensi, infatti, incombono le restrizioni più o meno stringenti imposte dal governo per far fronte ai contagi da Covid-19 e, complice la crisi finanziaria, molti meno saranno i vacanzieri pronti ad allontanarsi dal paese in cerca del mare o di più suggestive mete esotiche.

Eppure quello che ad un primo impatto può sembrare un grave limite al vivere comune potrebbe invece trasformarsi nell’occasione per riscoprire ciò che abbiamo in casa e la grande bellezza di quanto ci circonda. Si prenda il Castello Bonoris che ha riaperto da poco i battenti e che resta tra le dimore più affascinanti dell’intera Lombardia.  

Chiamato impropriamente “Castello” è in realtà una villa neogotica costruita tra dal 1895 al 1905 da Gaetano Bonoris, ricchissimo possidente locale che ottenne il “grado di nobiltà” da re Umberto I e che visse in questo luogo fino alla sua morte avvenuta nel 1923. 

Qualcuno potrebbe obiettare che per un monteclarense visitare il Castello Bonoris voglia dire replicare qualcosa di noto, di vissuto mille volte soprattutto in occasione di quel Maggio Monteclarense che in questa epoca Covid è stata la privazione più dura da sopportare ma in realtà non è affatto così. 

Proprio chi visita il maniero costantemente si rende conto, infatti, quanto sia un luogo soggetto a molteplici mutamenti come se quella magia che Bonoris ha desiderato ricreare si replicasse giorno per giorno e lo rendesse sempre diverso. Gli allestimenti e le decorazioni in stile medievale volute dal Conte e che creano atmosfere magiche, nelle quali è facile perdersi per ritrovarsi altrove fra cavalieri, dame e modi di vita cortesi, sono da qualche mese affiancate da arredi più novecenteschi: libri poggiati qua e là, foto di famiglia in delicate cornici d’argento, brocche e delicati asciugamani di lino, valigie, suppellettili, finestre socchiuse e lampade che proiettano una luce soffusa, oggetti lasciati qua e là come in attesa del ritorno del padrone di casa. 

Nulla è lasciato al caso e ogni oggetto ricopre un significato simbolico, una sorta di caccia al tesoro nella stessa vita del conte che, come un abile alchimista, ha deciso di lasciare dietro di sé poche e difficili tracce per interpretare la sua personalità ammantata di mistero e decisamente originale. 

La duplicità fra passato e presente, fra sogno romantico di un tempo fatto di cortesie e un’attualità di comoda vita signorile fa del castello di Montichiari uno dei luoghi più affascinanti d’Italia, nel quale ad ogni visita si può scoprire qualcosa di nuovo per comporre quel puzzle infinito e forse mai concretamente realizzabile su chi fosse e cosa veramente desi-derasse Gaetano Bonoris e che vale la pena di visitare, indagare, riscoprire. I torrioni del maniero, irti verso il cielo, trasmettono inoltre un senso di concretezza solida, come se dovessero resistere per sempre ad ogni traversia della vita, al tempo stesso che scorre fugace e noi con loro.

Un buon libro da leggere nel grande parco, il profumo dell’erba che stuzzica il naso, l’azzurro del cielo sul viso e il sogno immutato e un po’ folle di un conte sotto gli occhi, dipaneranno ogni impotente incompiutezza di questa estate che ci troveremo a trascorrere e la renderanno comunque indimenticabile.

Marzia Borzi