Basta la forza dei sogni a muovere la volontà dei propri passi? La risposta viene dalla straordinaria storia di Ibra Singhateh, giovanissimo calciatore gambiano, in forza alla Voluntas Montichiari juniores, che è arrivato a Montichiari, dopo terribili vicissitudini, guidato da una sola grande passione: l’amore per il calcio e la venerazione per Mario Balotelli. Partito dalla sua nazione a soli 12 anni, dopo aver attraversato Senegal, Mali, Burkina Fasu, Niger e Libia, a 14 anni è sbarcato come richiedente asilo in Sicilia. «Nel mio villaggio – racconta il giovane – avevo una situazione molto difficile. Sono orfano di padre e non avevo nessuna possibilità di migliorare la mia posizione. L’unico momento di distrazione per noi giovani era talvolta riunirsi davanti ai pochissimi televisori del villaggio e guardare le partite di calcio. Il calcio è entrato così nel mio sangue e Balotelli è diventato il mio idolo per questo, quando ho deciso di partire, la mia meta è stata subito Brescia. Le difficoltà lungo la strada sono state tantissime, ho rischiato la vita più volte, ho visto amici morire ma ho conosciuto anche tanta generosità e il calcio mi ha sempre dato coraggio. In Libia sono stato gettato in carcere senza motivo, sono stato torturato, lo fanno anche solo per non pagarti la giornata di lavoro, ho subito botte e fame. In quel luogo terribile ho conosciuto un ragazzo più grande di me, Iaia Kamarà, che mi ha aiutato e protetto ma che è morto durante un tentativo di fuga. Non riesco a dimenticarlo. Con i soldi risparmiati lavorando, mi sono pagato la traversata, un viaggio terribile. A differenza di altri ragazzi, per i quali l’Italia era solo una tappa per raggiungere parenti od amici in Francia e Germania, il mio obiettivo era Brescia dove viveva il mio idolo». Fatica Ibra nel raccontare i primi momenti in città, la sua permanenza per mesi in stazione, l’arrangiarsi dormendo all’aperto, chiedendo aiuto davanti ai supermercati, il freddo terribile dell’inverno, la difficoltà con la lingua. «Un giorno ho sentito una ragazza che parlava la mia lingua. Era una mia connazionale! Lei per prima mi ha aiutato a trasferirmi a Ponte San Marco dove mi sono avvicinato ai ragazzi che giocavano a calcio nell’oratorio e al loro allenatore Marco Gamba. Giocando a calcio ho conosciuto Samuele, un bambino fantastico con il quale mi davo appuntamento tutti i pomeriggi per le partite. È stato grazie a lui e ai suoi straordinari genitori Mariele Coiro e Claudio Bonvicini che è arrivata la svolta della mia vita». Mariele e Claudio, infatti, gli hanno offerto una momentanea residenza a Vighizzolo, per permettergli di ottenere il permesso di soggiorno e mettersi in regola con tutto ciò che occorre per potersi fermare in Italia e iniziare una nuova vita. Ibra così è riuscito ad entrare nella Voluntas Montichiari juniores dove gioca con il ruolo di centrocampista e a realizzare almeno un pezzo del suo sogno seppur resti con i piedi per terra: «Sto frequentando un corso per guidare carrelli elevatori e trovare un lavoro con cui mantenermi. Spero di realizzarmi nel calcio perché tutti mi dicono che sono bravo ma so che devo anche trovare anche alternative. A chi si stupisce per la mia vicenda, per ciò che ho affrontato, dico solo che ci vuole coraggio e bisogna sempre andare avanti pensando ai sogni che ci possono guidare. Non bisogna ascoltare le parole cattive ma fare tesoro di tutte le belle persone che si incontrano perché loro sono il segno che un giorno tutto andrà bene»   

Marzia Borzi