Arte è senza dubbio sinonimo di personalità.

Accogliendo, pensando, ideando e creando, che sia su tela, su un tornio con della creta o scalpellando qua e là un nudo pezzo di pietra o marmo, prima che le mani dell’artista è la sua anima che, con un veicolo emotivo ancora poco comprensibile, si trasmette all’opera stessa. Una totale alienazione di se stessi che rimane scolpita, ferma ma non inerme, nella freddezza calda di un dipinto o di qualsiasi altra testimonianza del nostro passaggio sulla terra. 

È così molto interessante accogliere l’arte di una figura criptica, a tratti originale, che deve parte della sua magia alla sua lontana origine.

Costei, conosciuta nelle nostre lande come Mary, nasce con il nome di Le Thuy Ai nella lontana terra vietnamita. Un angolo di mondo che ancora sanguina, che soffre ricordando il suo doloroso passato ma sempre consapevole dell’assoluta ricchezza della sua cultura.

E qui prende avvio l’arte di una donna che, ormai da trent’anni residente nel Bel Paese, mai ha però perduto le sue radici.

La prima critica d’arte sulle sue opere fu fatta proprio su PAESE MIO, sull’edizione di Manerbio nel 2010 e con piacere constatiamo la notevole crescita artistica fatta da Mary, oramai parte del jet set nazionale del panorama artistico italiano espone in Italia e all’estero nelle mostre e nei concorsi d’arte più famosi, quali la biennale di Venezia, alla triennale di arte contemporanea di Verona e non da meno, con le sue opere ha girato i locali più famosi del mondo come il Twiga di Flavio Briatore a Montecarlo. È stata inoltre ospite come special guest, assieme alle sue opere, al Just Cavalli di Milano.

Di lei ne han parlato in molti ma di seguito citiamo giusto alcuni tra i più noti che hanno potuto apprezzarne l’arte dando una critica molto positiva: Vittorio Sgarbi, Philipe Daverio e Angelo Crespi.

Osservando le opere di Le Thuy Ai è chiaro il potente influsso di questo concetto di luce, di chiarezza, di splendore, che, potremmo dire, “trasuda” dalle sue opere.

Spesso infatti è ricorrente il tema dell’oro, elemento che per eccellenza mostra potenza e nobiltà, ma anche l’uso ricorrente di cromie armoniose e mai banali è altrettanto consueto.

Un’arte dunque variegata, che spazia nei modi e nei tempi nella vita della stessa artista, segnata da un evento in particolare. 

Come lei stessa ha raccontato, in un momento particolare della sua esistenza, difficile, a fianco di una piccola figlia, ecco la luce.

Un viaggio, una preghiera, un pensiero presso il sacro Santuario della Madonna di Caravaggio, luogo di devozione e conforto.

E lì, stando sempre a quanto racconta l’artista, si sprigionò in lei il desiderio di esprimere il proprio io.

Qui, grazie all’ausilio quasi divino, “miracolo” della Madre del Signore si aprì in Mary questa crepa che permise di esprimere, al di fuori, tutta la bellezza e la bontà che ella aveva celato in sé stessa.

In soli sei mesi furono ben venticinque le opere pensate, progettate e a cui l’artista diede vita.

In poco tempo dalla loro esposizione, alcuni anni fa, furono praticamente vendute in una manciata di settimane.

Le tecniche, moltissime, differenti l’una dall’altra: si parte dall’acrilico, passando per il pastello, il carboncino, la china spingendosi fino alla pittura ad olio.

Altrettanti variegati i soggetti delle sue composizioni, come madreperle, conchiglie, composizioni floreali ed altri temi presi dalla ricca natura forse ispirata dalla verdeggiante selva della sua terra d’ori-gine. Un’unione dunque unica tra oriente ed occidente, sacro e profano, nell’estrema ricerca di un perché, di quel desiderio che ci appaga nel saper di aver creato qualcosa di nostro, di intimamente nostro, che sappia in qualche modo dire “io ci sono”, urlando nel buio dell’indif-ferenza. 

Per poter vedere le opere, le critiche e la vita dell’artista è possibile visitare il suo profili Instagram Maryle_artist, oppure visitare il sito internet

www.artistacontemporanea.com

Leonardo Binda