“Sé ta fét la bràa, duminica ta porte ‘n piassa a ardà i siòri che mangia le pastine”.

Mi è tornato sott’occhi questo vecchio proverbio simpaticissimo, seppur dal risvolto un po’ anche triste. Adesso è forse valido anche per qualche  “ex siòr”, visto che il periodo d’emergenza ha messo in crisi molte persone: chi ha perso il lavoro, chi aveva un’attività e non può più riaprirla, chi pur riaprendo vedrà diminuire drasticamente i guadagni. Molte le categorie che vedranno abbassarsi il tenore di vita, perciò in piazza qualcuno in più potrebbe ritrovarsi ad andare solo a guardare…

Qualche decina d’anni fa le pasticcerie in centro erano la storica Boifava e “Batistì” (Gerloni). 

Anche in alcuni bar si potevano mangiare brioches col cappuccino, ma la pasticceria evocava un mondo di dolcezze unico! 

Mi ricordo che quando mio papà diceva questa battuta, per noi bambine era deprimente, visto che di pasticcini non c’era mai neanche l’ombra in casa nostra. C’era sempre il “chisöl” fatto dalla mamma, buonissimo sì, ma le “pastine della pasticceria” avevano nel nostro immaginario il sapore dell’impossibile!

Sicuramente una volta ogni tanto anche noi avremmo potuto permetterci senza troppi problemi un bel vassoio di paste, ma era proprio la mentalità di quegli anni collegare certi lussi, anche piccoli, alle persone più benestanti, quasi si commettesse chissà quale trasgressione con un innocente peccato di gola!

Tutto sommato però, sottolineare ironicamente la differenza di ceto sociale, non sembrava poi così crudele, perlomeno fra adulti: si scambiavano queste battute tra persone di pari possibilità economiche, perciò …mal comune mezzo gaudio!

Adesso è più sottile la differenza tra persone più o meno abbienti, perché in pasticceria e in gelateria ci possono andare tutti, magari solo per ricorrenze particolari, anzi, può servire da consolazione e compensazione ad altre rinunce.

Per fortuna la riapertura dei bar e delle gelaterie ha rianimato anche il nostro centro, come un po’ in tutti i paesi, permettendo ai gestori di riprendere a lavorare e ai clienti un ritorno ad una quasi normalità,  in compagnia, seppur con la brutta definizione e obbligo di “distanziamento sociale”.

Ornella Olfi