Ora ne servono sempre meno. Ma c’è stato un periodo in cui erano talmente richiesti, al punto che quelli che c’erano non erano sufficienti. Il fatto è che i ventilatori polmonari erano (e sono tutt’ora) dispositivi salvavita necessari per curare chi riporta i sintomi più gravi di Covid 19.

Un ventilatore polmonare è una macchina per la ventilazione meccanica, che serve ad aiutare i pazienti con insufficienza respiratoria, uno dei sintomi più gravi provocati dal Covid 19. Come accedeva per la Sars, si pensa che le cellule aggredite si stacchino e inizino a inondare i polmoni di residui. A quel punto, una reazione immunitaria incontrollata dell’organismo finisce per attaccare anche le cellule sane, aumentando il danno ai polmoni e provocando un apporto di fluido nei polmoni che rende difficile ossigenare il sangue.

In questi casi la situazione precipita alla svelta, con il paziente che comincia a manifestare i sintomi dell’in-sufficienza respiratoria. Il ritmo di respirazione aumenta, la CO2 nel sangue cresce e si diventa letargici e confusi: è il segnale che è necessario un intervento immediato. Per poter praticare la ventilazione polmonare, i pazienti vanno intubati: è una procedura invasiva, che consiste nell’inserire una sonda attraverso il naso o la bocca fino alla trachea, il condotto che veicola l’aria dall’esterno verso i polmoni. Il tubo dell’aria è collegato a un respiratore automatico, che può spingere aria nei polmoni a un ritmo e con una miscela di ossigeno regolabili dal personale medico.

L’espirazione avviene invece in modo passivo sfruttando il ritorno elastico del tessuto polmonare. Un paziente può avere necessità di respirazione meccanica per settimane, mentre i suoi polmoni guariscono.

Soprattutto nelle regioni più colpite, come ad esempio la Lombardia, nelle settimane di massima emergenza i ventilatori polmonari disponibili non erano sufficienti. Per fortuna in molti (privati e associazioni) si sono dati da fare, cercando di sopperire a questa mancanza (che, meglio precisarlo, non ha colpevoli diretti, perché nessuno si aspettava una cosa del genere).

«Ad esempio – dice l’assessore Paola Masini -, per aiutare l’Ospedale di Manerbio in difficoltà per l’emergenza Covid, l’Azien-da Comunale Manerbio, una srl di proprietà del Comune presieduta da Antonio Bulgari, ha regalato tre respiratori, consegnati ancora a febbraio, in piena emergenza. Di più: all’interno di ACM vi è anche la farmacia, che ha provveduto a fare rifornimento di mascherine, che sono state date alle aziende locali».

«E’ stato aperto anche un conto corrente per la raccolta fondi da utilizzare in ambito sociale e sanitario. Al 22 maggio, sono stati raccolti 47.750 euro.

La raccolta continua: i fondi saranno destinati alle emergenze sociali e sanitarie dei cittadini». 

MTM