Dopo aver sorseggiato un bel bicchierone d’acqua e menta o acqua e limone riprendiamo le nostre animate discussioni si tante cosa di ieri che oggi non ci sono più. Basta fare un giro in paese, noi ragazzi di una volta, e te ne rendi conto. Fontanelle ce n’erano una in quasi ogni quartiere. Oggi ne sono rimaste poche, le puoi contare sulle dita di una mano: in via San Faustino, viale Stazione, scuole medie e alle “Castagne Amare”. L’acqua ha sempre un potere magico e magnetico, attrattivo, una calamita che tiene insieme le nostre vite in una sete che ci accomuna, in quel cammino arso nel deserto del reale che spesso è la vita. Quando rievoco la fontanella, ora ai margini delle attività frenetiche ridotta a elemento decorativo urbano, mi si stringe il cuore. So che alcune municipalità più pioniere e sensibili hanno moderni distributori con acqua filtrata o gasata fra l’entusiasmo un po’ fanciullo di qualche pensionato che rievoca il rito domestico nel nobile gesto di attingere l’acqua fresca e giornaliera da portare in tavola. A proposito di portare l’acqua in tavola, ai miei famigliari piaceva fresca e a noi ragazzi non pareva vero andare alla piazza. A cada c’era la pompa ma era una fatica solitaria mentre in piazza l’acqua usciva senza fatica ma soprattutto c’era l’incontro della sera nelle ore migliori che volgono al tramonto fatte di rientri a casa di ragazzi vocianti, di scherzi rustici e semplici. La fontana e la piazza, che sono gli emblemi delle nostre vite in semplicità, hanno un immenso segreto di storie e di racconti accumulati nel tempo, basta tirarli fuori da quelle pareti umide nascoste da entità cavernose che costituiscono segreti di uomini e cose.

Le fontane nel contesto urbano

Perché le fontane, a cosa servivano, quale era il loro valore socio-economico e perché erano collocate o messe in alcuni punti di paesi e città? Questo è successo in maniera particolare un po’ per alcuni monumenti che adesso sono perduti ma in maniera particolare parliamo di fontane come per esempio quella che una volta c’era in piazza Italia. Era a forma di coppa di champagne, un vero gioiello che dava tono e arricchiva il luogo, ed era uno spettacolo vedere quegli zampilli che si alzavano verso il cielo. La gente d’estate si sedeva o sostava attorno alla fontana per sentire un po’ di frescura. Che bei tempi, specialmente per uno come che da ragazzo andava lì a giocare con i suoi amici e amiche e che purtroppo sono quasi tutti scomparsi. Quanti giri abbiamo fatto attorno alla fontana quando ci si rincorreva e ci si bagnava, poi quando si andava a casa dalla mamma erano rimproveri e scapaccioni.  Un giorno hanno tolto la coppa e poi un altro triste giorno hanno demolito la fontana.

Il macello comunale

A Manerbio il primo macello comunale era situato in via Palestro dove una volta c’erano le scuole elementari e i corsi di avviamo professionale. Tant’è vero che quando ti chiedevano “ma tu dove vai a scuola?” si rispondeva “al macello in via Palestro”. Oggi ci sono tutti appartamenti del Comune. L’hanno poi costruito in via Verdi, vicino al campo sportivo. Una bella costruzione funzionante a disposizione di tutti quelli che avevano una bestia da macellare. Era una struttura quasi moderna e funzionante, nel tempo modificata. Si entrava da un cancello in ferro battuto e all’esterno dello stabile sulla sinistra c’era la pesa pubblica e un negozio di bassa macelleria comunale. Quando una bestia si fratturava una gamba e il veterinario la classificava non di prima scelta veniva venduta alla bassa macelleria a prezzi molto modici e per la popolazione era proprio una manna venuta dal cielo. Come dice quel proverbio, “non tutti i mali vengono per nuocere”. Bestia accoppata, pancia contenta!

Piero Viviani