Gentilissimo direttore,  

nonostante parole e concetti come sostenibilità, ecosistema, antropizzazione, e ancora mutamento climatico, dissesto ambientale, consumo di suolo (e, per ultimo, come “variabile non indipendente”, pandemia) totalizzino ogni momento l’informazione globale, aggiungendo parole nuove e allarmanti al nostro dizionario consueto, pare che a molti bresciani questo argomento non interessi.

Se così fosse infatti non permetterebbero che ogni giorno spariscano (o si progetti di far sparire senza motivazioni che lo giustifichino) migliaia di metri quadrati di suolo della sua provincia.  

Un’area come la Franciacorta che (perlomeno sulla carta… secondo la Regione!) dovrebbe essere tra le più tutelate per la sua consolidata vocazione vitivinicola, è costantemente sotto attacco, e il primo motivo sta nelle scelte all’antica di certi imprenditori.

Così accade nel caso di uno dei principali produttori di bollicine il quale essendo anzitutto un costruttore, ha necessariamente la “voca-zione” a costruire.

Tutto questo per far posto a veri e propri eco-mostri (con un intervento di 35.000 metriquadri su 52.000 disponibili) dove migliaia di metri cubi di cemento, come nel caso della progettata Concert Hall, farebbero sparire un’intera collina di quasi 6.000 metriquadri collocata di fronte all’altro scempio ambientale, ormai metabolizzato dai più, il centro commerciale delle Porte Franche. Gli ambientalisti preferiscono chiamare questo nuovo mostro “Porte Franche 2” avendo nel progetto di tutto e di più compresi un numero imprecisato di bar, un albergo di 60 camere, negozi ecc. Qualche anno fa il Professor Tino Bino, ex presidente della Provincia e acuto osservatore di cose bresciane, mandò un messaggio. “Consumo di suolo e civilta’ “ – Promemoria per i sindaci (Corriere della Sera maggio 2014).

Da un paio di anni la proprietà del mostruoso progetto (del quale abbiamo parlato) ha creato una fondazione che si fregia d’essere collocata nella sede nel convento dell’Annunciata, sul monte Orfano. 

Sede prestigiosa, di forte valenza storica e simbolica, che i rovatesi non hanno capito e quindi non hanno saputo tenere per sé. Qui venne ospitato il filosofo Rosmini, uno dei più importanti filosofi europei dell’Ottocento; qui hanno operato figure come Leonardo Cozzando, scrittore e latinista, Giovanni Taveri, professore di greco, epigrafista fino a Davide Turoldo, di casa all’Annunciata. Da qui, perlatro, partì una famosa lettera di un Savoia al cugino Eugenio, il grande condottiero che fermò i turchi alle porte di Vienna, la cui villa, “Il Belvedere”, è oggi sede del museo della Secessione (dove è esposto l’abbraccio di Gustav Klimt). La lettera diceva: “… Ti scrivo dalla più bella terrazza che guarda la pianura padana…”

Sotto l’alibi della cultura stanno tentando di far passare un progetto faraonico di cui la Franciacorta non ha affatto bisogno (Parzanini-Legambiente). 

Sono state rese pubbliche precise analisi di questo grottesco e inconsistente progetto che ha per obbiettivo nul-l’altro che far sparire una intera collina. Giova ricordare che quattro anni fa un referendum popolare bocciò il precedente progetto.

E Rovato, che potrebbe dire: un sì o un no preciso?

Se c’era dormiva… al risveglio gli ultimi negozi potranno finalmente chiudere.    

Beppe Bonetti