Il passato ci appare sempre intriso di puritanesimo, con gente devota ed estremamente pudica, ferocemente inquadrata nella morale imposta dalla Chiesa. Niente di più falso e stereotipato.

Che la Chiesa tentasse di imporre la sua morale è vero, ma veniva spesso ignorata tanto dalle autorità civili che dallo stesso volgo. Va detto però che anche da parte del clero c’era un certo pragmatismo. A Rovato ne abbiamo un esempio. Piazza Carampane era il luogo dove si svolgevano le mostre militari, essendo la più spaziosa del borgo, e non è un caso che dove c’è una forte guarnigione militare, ci fossero anche le prostitute. La Chiesa che tuonava contro i vizi dell’uomo, era la stessa che si prendeva cura delle “carampane”: meretrici troppo vecchie o malate per esercitare l’antico mestiere. Perché pragmaticamente, riconosceva il ruolo sociale delle prostitute: utile valvola di sfogo per evitare sgradite attenzioni alle signore locali, da parte dei numerosi uomini armati che stazionavano per lunghi periodi in un luogo. 

D’altra parte la popolazione non era tanto restia alla presenza di prostitute, che certuni vedevano anche come un aiuto per “svezzare” i giovanotti. Forse anche per questo le prostitute erano talvolta oggetto di un interesse iniziatico da tabù, oscillante tra la celebrazione goliardica e la derisione. Dopotutto cos’è il “puttan-tour”, se non un fenomeno di questo tipo che coinvolge solitamente i neo-patentati?!

Chissà se questo carosello sia figlio in qualche modo di quella festa tanto particolare della Brescia medievale, che sembra impossibile anche pensare che sia mai realmente esistita: la corsa delle meretrici!

Non abbiamo idea di quando sia iniziata questa tradizione: le fonti storiche ne parlano abbondantemente nel ‘400, ma pare che sia antecedente al duecento. Paradossalmente, questa cerimonia lasciva e impudica avveniva nel contesto della Festa dell’Assunta, che durava diversi giorni a cavallo di Ferragosto. Tanto si spendeva nella cera votiva, da offrire alla cattedrale durante la processione serale del 14 agosto; tanto si sborsava per scommettere nelle corse del giorno seguente. Certo non un contesto che faceva piacere ai religiosi… ma solo gli anatemi del predicatore Bernardino da Feltre riuscirono far cessare queste vilipendiose cerimonie nel 1492. 

Venivano da tutte le parti del contado e anche da altre città. Il 15 agosto si correvano quattro palii: quello dei fanti, degli asini, dei cavalli e in ultimo delle meretrici. Anzi, già la sera prima nelle stesse ore della processione religiosa, i macellai tenevano una corsa tutta loro, liberando un toro per le strade fra porta Bruciata e piazza Duomo. In tale corsa spesso il toro sfuggiva al controllo e arrivava in piazza causando un fuggi fuggi tra i concorrenti alla processione mariana.

La corsa delle puttane si svolgeva da porta S. Giovanni con arrivo a porta Bruciata. Le donne correvano forse a seno scoperto e durante il percorso molti intralciavano i corridori: i mugnai vendevano dei sacchetti di farina, la quale veniva lanciata in faccia alle sfidanti per frenarne la corsa. La gente scommetteva e questi comportamenti cagionavano spesso risse e incidenti, tanto che fu emanata un’ordinanza nel 1433 che vietò queste azioni con pene che arrivavano al taglio di un piede! La vincitrice si aggiudicava 4 braccia di panno celeste (come il manto della Madonna), e forse anche questo era visto dal clero come un sacrilegio.

Per tutto il ‘400 si leggono provvisioni da parte delle autorità comunali per abolire questi palii ma, più volte interrotti, furono ripresi fino alla fine del secolo. Sintomo che la maggioranza del popolo amava queste corse. Si pensi che questa usanza di far correre le prostitute non era unica della città di Brescia. Se ne trovano alcune testimonianze a Firenze e soprattutto a Ivrea, dov’era addirittura inserita negli Statuti come antica consuetudine. 

Alberto Fossadri