L’origine della chiesa dei giardini, o meglio della Madonna dell’Addolorata, è legata all’epidemia di colera che afflisse Orzi nel 1836. Chiarisco subito che non fu una costruzione ex novo, ma l’adattamento a chiesa di un edificio esistente che durante la dominazione veneziana doveva essere in uso ai soldati di guardia alla porta di accesso denominata S. Giorgio, quella che immetteva sulla strada per Cremona.

La costruzione era sopravvissuta allo smantellamento delle mura avvenuto alcuni anni prima.

Per la ricostruzione della vicenda mi gioverò di quanto ci hanno lasciato due testimoni che l’hanno vissuta: don G. Matteotti  e  don F. Perini. Il primo ci ha lasciato una breve relazione sul colera a Villachiara, di cui era parroco, e a Orzinuovi; l’altro, curato di Orzinuovi, un resoconto più dettagliato e documentato sull’origine della chiesa, scritto nel 1855.

Alcuni dati.

Ritengo opportuno fornire in primis alcuni dati secondo me utili per meglio comprendere il clima in cui viveva la popolazione di Orzi.

Nella provincia di Brescia furono circa 21.000 i contagiati, con circa 10.000 morti. 

A Villachiara il parroco ci informa che l’abnegazione del medico Bortolo Simoni limitò le vittime a trenta, mentre riuscì a guarirne settanta “che da sì fiero morbo furono presi”; a Orzi i morti secondo il Perini furono 127. La gente viveva nella paura: “erano momenti di paura (Perini)”

Fu la prima volta della epidemia colerica; Perini ricorda altre tre epidemie di colera susseguitesi nel raggio di 30 anni a Orzinuovi: nel 1849, nel 1855, nel 1867; quest’ultima fu la più micidiale con 145 morti.

Maggio 1836. Il colera dopo essersi diffuso in tutta Europa provocando morti, arriva anche in Italia. Il 3 maggio c’è il primo caso di colera  acclarato a Orzinuovi: “primo caso certo del 3 maggio (Perini)”. L’arciprete di Orzi Lorenzoni concorda con i suoi curati che per non allarmare ulteriormente gli animi, già “disturbati dalla presenza di una malattia affatto nuova e terribile”, i sacramenti vengano amministrati “in via privata senza suono di campane”.

20 giugno: la fantomatica apparizione della Madonna. Racconta il Perini: “La sera del 20 Giugno 1836, durante l’invasione del Cholera, certo Francesco Monetti di Malnate presso Varese, lavoratore di pavimenti e del suo mestiere conosciutissimo presso noi, si presentò all’Arciprete Lorenzoni, e gli narrò quanto segue, = Che stanco dalla fatica e oppresso dal caldo eccessivo della giornata circa le ore cinque pomeridiane si era portato fuori della porta per Brescia onde dissetarsi alla fontana che scaturiva copiosa e fresca […] dirimpetto al castello: che quivi ad un tratto levando gli occhi dall’acqua avea veduta la B. Vergine in forma di matrona messa in abbiette e lugubri vesti, la quale gli aveva detto, che quando gli Orceani su quella fonte avessero eretto un tempio, il Cholera sarebbe interamente cessato”.

Il parroco, conoscendo l’inclinazione per il vino del Monetti, non presta fede al racconto e consiglia lo stesso di farsi dare dalla Madonna, alla prossima apparizione, “un pegno sicuro, positivo in conferma della sua apparizione”.

Il Monetti la sera stessa parla con altre persone della sua apparizione.

21 giugno. La  mattina si tiene una processione; tra la gente circola con insistenza la voce che “la Madonna era apparsa al tale e che mirabili e portentose cose gli aveva detto dell’aqua [così nel testo] della fontana”, cosa alla quale il Monetti non aveva minimamente accennato. In poche ore la visione della Madonna diventa una asserita verità: “tosto l’apparizione fu tenuta un fatto compiuto”. Lo stesso giorno si assiste a un “accorrere precipitoso, ansante, di uomini, di donne, di fanciulli, piangenti, contenti, speranzosi con ogni maniera di vasi per provvedersi dell’aqua miracolosa”. Ed eccoci al risvolto decisamente comico. Mentre il Monetti aveva indicato la sorgente posta sulla strada per Brescia, la folla, per motivi inspiegabili, si dirige dalla parte opposta, alla sorgente sulla strada per Cremona. 

L’improvviso e caotico affollamento alla fontanella attira le attenzioni della polizia. Il giorno stesso il Monetti viene “assunto in interrogatorio”, durante il quale conferma di avere avuto la visione sulla strada per Brescia non su quella di Cremona, ma descrive in tre modi diversi le vesti della Madonna. 

Conferma anche la richiesta avanzata dalla Madonna: “qualora sulla sorgente venisse innalzata una chiesa, il Cholera sarebbe cessato: non disse che l’aqua fosse da considerarsi come preservativo”.

Al momento di giurare la sua deposizione il Monetti vacilla e temendo di farsi spergiuro confessa “che tutto l’esposto altro non era che effetto della sua fantasia” surriscaldata dal vino bevuto copiosamente durante la giornata. 

Dopo la deposizione il girovago bevitore “anziché trar d’inganno la gente, si mise a persuaderla d’aver veramente parlato colla Madonna fuori dalla porta per Brescia”, ma siccome nessuno lo ascoltava “mutò consiglio ed asserì che aveva avuto l’apparizione là alla fontana della porta meridionale” cioè quella sulla strada per Cremona. Il Monetti “per ordine del Magistrato Provinciale venne sfrattato dal paese come visionario e mentitore”

Giorni successivi al 21 giugno. In breve tempo la notizia dell’apparizione rimbalza nei paesi vicini e anche in terre più lontane; racconta don Matteotti: “In brevissimo tempo la notizia di tale apparizione della creduta efficace virtù dell’acqua della Madonna d’Orzinuovi fu portata sì lungi che oltre quelli delle Province lombardo-venete persino i tirolesi, i Parmigiani, i Piacentini e quelli del Canton Ticino venivano ad assaggiare di quest’acqua della Madonna onde sentirne a prova i tanto decantati benefici influssi portandone, e facendone tradurre alla loro patria grande quantità per tenersi immuni dal pestifero morbo”.

E il Perini: “Facevansi inchieste d’acqua non solo per vasi, ma per botti, e quasi tutte accompagnate da offerte”, quali “colane, smaniglie [= braccialetti, monili], pendenti, anella, vesti d’ogni sorta, tele e biancheria in quantità e vistose auree monete piovevano si può dire in elemosina alla Grand’Vergine”. Non solo oggetti preziosi; arrivano anche offerte in denaro provenienti da vari comuni non proprio vicini: Merlara (Padova), Cavalcaselle e Castelnuovo (Verona), Belluno e diversi altri. 

Quanto alle virtù terapeutiche dell’acqua, annota il parroco di Villachiara: “È vero che i molti che hanno bevuta di quest’acqua sono guariti, ma molti guarirono anche senza di lei come ne morirono non pochi di quelli che vi erano devotamente affetti e ne la bevevano con tutta Fede. Il giorno 25 giugno il Sig. Giuseppe Cirimbelli affittuale delle Vittorie uomo pio e religioso assai, si portò alla fonte di quest’acqua, con tutta devozione ne bevette, e fatto ritorno alla casa nel mattino del giorno stesso sentissi assalito dall’idra ferale e nello spazio di ventisette ore morì”.