“La Baro”, la professoressa Silvana Baronchelli (al centro) va in pensione. 

Ha dedicato la sua vita, circa trentacinque anni di servizio, alla scuola Media di Roccafranca, della quale è stata vicepreside. 

Generazioni di alunni la ricordano per il suo sorriso, con la sua solerte capacità di decifrare gli stati d’animo, capace di tradurre l’algoritmo educativo di ogni allievo.

Chiunque abbia gravitato nei corridoi delle medie di Roccafranca in questi decenni ha percepito il profumo di una presenza non ingombrante, non egocentri-camente presenzialista, ma in grado di valorizzare i talenti quanto di smussare le fragilità, restituendo il valore di un’unicità ad ogni allievo, facendosi navigatore per coloro che avevano smarrito un’identità e una strada.

La scuola è stata per lei uno sposalizio che non ha mai tradito.

Si sa quanto nell’ufficialità spesso si disorienti l’efficacia: la Baronchelli, in veste di vicepreside, per decenni ha di fatto retto la scuola coniugando capacità educative (è laureata in pedagogia) e intraprendente piglio gestionale, al quale si innestavano doti di problem solving intriso di un’umanità pulita e ingentilita da quel suo avanzare sempre saltellando, ritmando idealmente le ore, la distesa delle settimane, il pulsare delle stagioni.

Il riconoscimento tributatole, il righello d’argento, è la misura di un itinerario a cui non si riesce a dare misura perché lei, per prima, non ha mai utilizzato alcun metro, considerando i suoi studenti non come dei “pesi” ma spiegato gli oneri della vita.

Ha reso protagonisti i ragazzi verso i quali non ha mai rischiato deragliamenti maternalisti o moraleggianti: la sua docenza non era imperniata di autoritarismo e nemmeno di lassismo sessantottino, echeggiava piuttosto l’eco montessoriano.

Riusciva a farsi ascoltare e dunque a farsi ubbidire (non per nulla il vocabolo ubbidire è uno dei tre verbi dell’ascolto: sentire, ascoltare e ubbidire, che significa proprio, dal latino, ascoltare in profondità).

Ha lasciato tracce, delle impronte che, in questo periodo di didattica a distanza, sono diventate impronte digitali. Un marchio identificativo di una personalità che ha condotto ognuno al meglio di sé.

Un gruppo di ex studenti riconoscenti