Ho avuto modo di vedere e di ascoltare sui social delle affermazioni riguardo la “gestione” del bosco, così come la “pulizia” dei fossi, o ancora peggio l’eliminazione delle comunità vegetali lungo i bordi del fiume chiamate vegetazione riparia, caratterizzata da piante idrofile. Questa mania di pulire rastrellando il sottobosco come si spazzerebbe il salone di casa non la condivido, anzi, io la chiamo la sindrome del “bel net”. Non condivido nemmeno la presunzione, di chi saltuariamente si trova a passeggiare in riva al fiume e si lamenta sullo stato di abbandono delle piante sradicate o spezzate e cadute a causa di fenomeni atmosferici violenti o per cause naturali, confondendo forse, il Parco Oglio Nord con il Parco Sigurtà di Valeggio sul Mincio. Oppure vorrebbe piste ciclabili o sentieri dappertutto e sempre sgombri e puliti da questi fastidiosi alberi e da erbacce che ostacolano il passaggio, non importa se al margine di questi sentieri e di queste piste poi si trovano bottigliette, mascherine, fazzoletti e quant’altro, però qui stiamo cambiando discorso, perché si parla di un’altra sindrome e cioè quella del “bel sporc”. 

Cos’è la necromassa?

Per necromassa s’intende il legno morto, a differenti stadi di degradazione che nelle foreste naturali segue un suo ciclo di trasformazione, svolgendo molteplici funzioni di vitale importanza all’interno del “ecosistema bosco”. La necromassa sia da legno morto a terra che da ceppaia o da piante morte in piedi, sono un tassello importante della biocenosi, sia che si tratti di un grande bosco o che si tratti di una vegetazione riparia di un fiume. Le sue funzioni ecologiche sono vitali per il ciclo dei nutrienti, perché la degradazione del legno morto è uno dei principali fattori che contribuiscono alla restituzione di molti macro e microelementi nutritivi al suolo e che, quindi, ne garantiscono una maggiore fertilità (creazione di humus) necessaria per il rinnovarsi del bosco. Inoltre garantisce la presenza di numerosissimi microhabitat essenziali a molte specie animali e vegetali che qui possono trovare un substrato idoneo, rifugio, nutrimento: basti pensare ai numerosi organismi saproxilici (che dipendono dal legno morto in qualche fase del loro ciclo vitale), tra cui gli invertebrati che si nutrono di legno (xilofagi) o che nel legno vivono (xilobi), i funghi, i licheni o i muschi ma anche roditori, anfibi e rettili che vi trovano rifugio. Il suo ruolo è importante anche come “fabbrica” di miliardi di micro e macrorganismi (in particolare batteri e invertebrati) che sono alla base della catena trofica per molte specie avifaunistiche, per molti mammiferi, come i Chirotteri. Il ritorno del picchio verde nei boschi delle riserve naturali del Parco Oglio Nord ne è la prova.   Lungi dall’essere un sistema “disordinato, sporco e abbandonato”, i boschi lasciati in una condizione di governo “naturale”, sono invece un mondo complesso e altamente dinamico; le relazioni tra le diverse specie che la caratterizzano sono innumerevoli e straordinarie. Non c’è nessuna logica per poter interferire in questi processi, se non quella folle di asseverare a tutti i costi l’ambiente ai capricci dell’uomo. Dovremmo essere custodi rispettosi delle nostre foreste, fare un passo indietro e soffermarci umilmente ad ammirare la vita che si rigenera costantemente.

Nella foto: Comatricha nigra

Myxomycete in pieno “attacco” su necromassa di pianta a terra, fotografato dall’autore nel Bosco dell’Isola, Parco Oglio Nord.

Il Circolo di Legambiente Valle Dell’Oglio augura Buone feste a tutti !

Ferrandi Franco