A volte si fatica a rendersene conto eppure, una qualsiasi sera con cielo sereno, ci sarà capitato di metterci in viaggio per qualche strada extraurbana e notare, guardando l’orizzonte, una sorta di fascio luminoso tendente ad occupare tutta la porzione inferiore del cielo, proprio a contatto con la crosta terrestre. Senza volersi addentrare in eccessivi tecnicismi, di recente il livello di questa “luce diffusa”, frutto della sempre maggiore intensità dell’illuminazione urbana pubblica e privata, ha messo in ancora più chiara evidenza un problema a lungo studiato in questi ultimi decenni, ossia quello dell’inquinamento luminoso.

Lo sviluppo delle tecnologie a led, l’utilizzo sempre più massiccio di luci a forte intensità e la volontà di garantire, non senza alcune preclusioni ideologiche, una certa percezione di sicurezza hanno di questi tempi acuito notevolmente la questione, portandola talvolta a livelli assai preoccupanti.

Ne sanno qualcosa due figure di tutto rispetto nel panorama dello studio astronomico del nostro territorio come il dott. Gianandrea Bodini, stimato dentista orceano e proprietario di un osservatorio di prim’ordine a pochi chilometri dalla città, e il dott. Marco Angelini, fisico a lungo impegnato come progettista di ottiche per l’illuminazione e da quindici anni presidente di un’associazione che raccoglie numerosissimi astrofili con sede nel Parco Astronomico di Brallo di Pergola, i quali hanno voluto portare alla nostra attenzione questa grave problematica.

«E’ indubbio che sia necessario il prima possibile mettere mano al problema dell’inquinamento luminoso e questo almeno per due motivazioni: in primis poiché, specie di questi tempi, è impensabile accettare sprechi di energia tanto evidenti e, in secondo luogo, perché dobbiamo cercare di convivere con la notte in modo più naturale – spiega Angelini – L’avvento del led offre delle possibilità eccezionali rispetto alle ormai desuete lampade al sodio ma non basta sostituire i vecchi fari con altri più performanti, servono soluzioni più attente e ponderate».

Il creare luce al di fuori del contesto diurno è sempre stata una prerogativa dell’uomo, un atteggiamento ormai primordiale che richiede, proprio in ragione di un maggiore grado di sviluppo e di consapevolezza, un’attenzione ancora più peculiare. «Il led permette di risparmiare circa la metà dell’energia necessaria per garantire l’illuminazione ma questo non deve portare conseguentemente al suo abuso – continua il fisico – La luce bianca del led consente anche con livelli più basi d’intensità di vedere chiaramente gli ostacoli. Rendere un po’ meno luminose le lampade garantirebbe dunque un eguale livello di sicurezza e offrirebbe un’ulteriore possibilità di risparmio energetico, potendo anche optare per una calibratura oraria o locale più puntuale a seconda delle esigenze delle singole aree urbane e dei singoli momenti della giornata».

Non si tratta, però, di soluzioni votate al mero risparmio. «Il nostro DNA si è adattato al ritmo naturale della luce, dell’alternarsi del giorno e della notte. L’uomo ha alterato in modo artificiale questa predisposizione naturale in qualche modo “obbligando” anche gli animali ad adeguarsi – prosegue Angelini – Gli effetti dell’inquinamento luminoso sul nostro benessere e quello degli altri esseri animati sono evidenti: tanta luce comporta tanto stress che, a sua volta, può essere causa di indebolimento e malattie. Insomma, avere una notte davvero buia non può che giovare tanto al nostro organismo quanto a quello di bovini, uccelli o altri animali che vivono sul nostro territorio, specie all’interno di allevamenti o simili».

In alcuni Paesi del Nord-Europa qualcosa si sta già muovendo. Noi, come spesso accade, siamo ancora vittime dell’arretratezza. «In Italia siamo tecnologicamente pronti per questo passo ma sono certo che prima di raggiungere un’organizzazione tecnica e di gestione valida ci vorrà diverso tempo – conclude il fisico – La prima vera sfida è convincere i cittadini e le Istituzioni che esistono soluzioni alternative all’illuminazione selvaggia e a tutte le problematiche che essa porta con sé».

Leonardo Binda