Nemmeno il Covid-19 e la paura  di nuovi contagi è riuscita a fermare il culto di San Rocco, celebrato da secoli il 16 agosto, che anche quest’anno ha raccolto in paese un grande successo di pubblico, riunitosi nella piazzetta delle “Quattro Vie” per rinnovare la devozione al santo taumaturgo per eccellenza.

Cercare il senso ultimo di questo rito, fra i più antichi e consolidati a Montichiari, non è difficile perché qui e là in paese sono ancora ben visibili i segni di una fede antica e ancora oggi piuttosto sentita.

Basta fare un salto nel passato: era il 1511 quando i monteclarensi fecero un voto solenne a San Rocco, il pellegrino francese che, su richiesta di un angelo, benediceva tutti coloro che incontrava sulla propria strada guarendoli dalla peste. Infuriava allora a Montichiari l’epidemia bubbonica che aveva falcidiato gran parte della comunità e per questo si era deciso di innalzare una chiesa ad un santo protettore dalle epidemie e che questa fosse costruita in un luogo che era caratterizzato da un forte passaggio di genti e merci: le Quattro Vie, appunto, anche chiamate “Porta Mantovana” perché erano uno degli snodi che segnava l’accesso verso la strada che conduceva alla città di Mantova. 

In quel crocevia all’epoca  erano concentrate molte osterie e botteghe commerciali che portavano in paese visitatori e stranieri e per questo era più facile che vi si diffondesse il morbo fatale e che vi fosse bisogno di protezione.

Nacque così la chiesa di san Rocco, edificio che nel corso dei secoli è stato sottoposto più volte a numerose trasformazioni: da chiesa, a sede della Vicinia, cioè l’assemblea dei capi famiglia, ad ospedale militare, poi civile fino al 1987 per poi essere trasformato in sede dell’attuale biblioteca Treccani degli Alfieri.

Un immagine del santo, eseguita nel 1584 da Orazio Lamberti, venne posta al suo interno e, nella prima metà del Novecento, anche sull’edificio che gli sorgeva di fronte perché da lì avrebbe protetto i passanti dalle influenze del maligno che, secondo la tradizione popolare, colpisce soprattutto agli incroci delle strade (lo snodo era anche chiamato «Porta Inferi» perché percorso durante i cortei funebri per raggiungere i vicini cimiteri). Il dipinto attuale è stato realizzato invece nel 1992, su mattonelle di ceramica cotte al forno, da Alessandra Belletti, il cui padre Vigilio con grande passione e attenzione ha fatto sì che il culto non andasse perduto. Altri sono i segni della devozione a San Rocco che si possono ritrovare a Montichiari, tra questi la chiesetta di Bredazzane.

Edificata nei primi anni del Cinquecento per mano di privati cittadini come voto di grazia ricevuta proprio a San Rocco, in origine era piccolissima e vi sorgeva accanto la stanzetta di un eremita. Solo nel 1684 ne venne curato un adeguato restauro, venne aggiunto un presbiterio, fatto costruire un campanile e l’abitazione del custode.

San Rocco si ritrova anche nella chiesetta della Madonna della Bergoma, inizialmente eretta ad edicola nell’omonima località fra i colli di San Zeno e San Giorgio (tra Montichiari e Carpenedolo), al cui interno un anonimo pittore del Cinquecento ha affrescato una Madonna con bambino al cui fianco sinistro sta proprio il protettore degli appestati nel tradizionale abito da pellegrino, e in diverse santelle come quella in via XXV Aprile, dipinta da Guido Tedoldi, o quella in via Pietro Zocchi Alberti, segni semplici ma concreti di una fede popolare che resta ancora radicata nella comunità. 

Marzia Borzi