C’è stato un tempo, che i più anziani ancora ricordano, nel quale telefonare significava barcamenarsi tra centralini pubblici, avvisi per mancato recapito, attese perché dalla cabina si liberasse il posto: i cellulari erano di là da venire, s’intende, e il telefono fisso uno status symbol, segno di agiatezza o quantomeno di una certa stabilità economica non così comune in un paesotto com’era Montichiari.
Oggi che gli elenchi telefonici sono pressoché scomparsi dalle nostre case e il numero di apparecchi di rete fissa drasticamente in calo già da anni, appare quasi anacronistico immaginare di essere presenti tra gli ‘abbonati’ o dover dipendere dalle ‘signorine del telefono’.
Già, ma chi erano costoro? In gergo tecnico dovremmo parlare di “operatori di commutazione” che mettevano in comunicazione gli utenti tra loro: era, pertanto, una professione preziosa e fondamentale per quanti possedevano nella loro abitazione o nel negozio il telefono a manovella, strumento che consentiva di chiamare e di ricevere chiamate ma esclusivamente, appunto, tramite il centralino pubblico.
A quest’ultimo ci si rivolgeva, va da sé, anche quando non si possedeva il telefono al proprio domicilio ed era quindi doppiamente necessario affidarsi alle solerti mani dell’operatrice.
Le linee terminavano ai tavoli di commutazione dove ogni utente era associato a una presa a jack; la connessione tra le due linee era realizzata dalla telefonista inserendo le spine di un apposito strumento di lavoro, il cosiddetto “cordone di collegamento”, nei jack corrispondenti ai due utenti.
A Montichiari il locale sede del centralino pubblico era ubicato in via Trieste, accanto alla storica rivendita di biglietti Apam e prima ancora del tram, gestito fino al 1964 dalla Stipel e in seguito dalla Sip.
Nella foto vediamo chiaramente una delle telefoniste, la signora Piera Botturi, con la cornetta all’orecchio e il suo solito, inconfondibile e consueto sorriso.
Vicino a lei un altrettanto sorridente giovane del tempo, Giuseppe Bertasi, attento a comprendere lo strano meccanismo che ha di fronte e al quale spettava recapitare fisicamente i biglietti di avviso di chiamata; possiamo desumere il periodo a cui risale l’immagine osservando il voluminoso elenco di Milano, collocato sulla destra dell’operatrice, che reca sul dorso “1951-1952”.
Assieme alla Botturi il centralino era ‘presidiato’ dalla Nobildonna Palma Scovolo e da Emma Uggeri, entrambe purtroppo già scomparse: il servizio era attivo dalle 7 alle 22,30 non essendovi a Montichiari, a differenza che in altri comuni, i ‘notturnisti’.
Curioso è anche il cartello appeso che si nota sulla sinistra e che invita a essere in regola con la tassa prima di “corrispondere” sulle linee telefoniche.
Il servizio delle telefoniste monteclarensi durò sino alla fine del 1966, a seguito dell’avvento (in ritardo rispetto ai paesi limitrofi) dell’automatizzazione dei telefoni che consentì finalmente di chiamarsi senza più “intermediari”, con una evidente comodità e in maniera più rapida anche se più costosa.
Se scorriamo l’elenco abbonati del 1964-65, rinvenuto grazie alla preziosa collaborazione del ricercatore e storico locale Virgilio Tisi, alla voce Montichiari che allora era “Rete Urbana” di Ghedi troviamo 293 numeri telefonici, il triplo rispetto a soli dieci anni prima: oggi siamo abituati alle 6/7 cifre dopo il prefisso con il 96 iniziale a contraddistinguere gli abbonati di più lunga data, ma allora era tutto diverso, data l’esiguità di coloro che possedevano un apparecchio.
Il Municipio, sito in via Martiri, “apriva” la serie delle numerazioni con l’1, ma possedeva anche il 36, corrispondente al mercato bestiame.
Il 2 contrassegnava lo studio legale di Pietro Ugo Boido ubicato all’angolo tra via XXV Aprile e via Martiri sopra la salumeria del padre, mentre chiamando il 3 avrebbe risposto il titolare del ‘Premiato stabilimento di mattonelle e marmette” Adolfo Frigerio di via Guerzoni e ancora il 4 corrispondeva a Eugenio Rossini, titolare de “La Calzatura prefabbricata” e il 5 a Rino Eugenio Bellandi, proprietario del mulino di via Roma.
Il centralino dell’ospedale, fino al 1986 con sede in via Poli, rispondeva al numero 13 mentre al 19 avremmo trovato la relativa direzione medica e al 37 la Pretura. Mettendoci in contatto con il 113 non sarebbe comparsa una vettura della Polizia bensì avremmo potuto prenotare al Tiro a volo la cui società, oggi scomparsa, aveva sede sul colle di S. Pancrazio.
Quanto ai cognomi, il più diffuso era Chiarini (con 8 abbonati), seguito a ruota dai 5 Bellandi, Treccani (tra i quali l’illustre conte Luigi, figlio di Giovanni Treccani degli Alfieri, residente in Piazza Garibaldi), Frigerio, Tosoni e Pellini.
3 solamente le banche che a metà anni Sessanta comparivano nell’elenco telefonico (Banca S. Paolo, Cariplo e Cassa rurale e arti-giana) e altrettante le scuole (l’asilo di Borgosotto, la media statale e l’avviamento professionale). 3 pure le farmacie con Prignachi e Bertanza in Piazza Garibaldi e Ruggeri Bertoli a Borgosotto (in seguito mutuata in Forattini) e 6 gli studi legali: oltre al già citato Boido, Azzi, Marcoli, Moreni, Mussato e Tosoni.
Tra le curiosità nelle professioni indicate accanto ai nomi ne citiamo 4: Arturo Prignacca risulta “poss-idente”, Ulisse Lombardi “mugnaio”, Guido Ferrari “callista massaggiatore” e Amato Invernici “cor-riere”, mentre Ida Botturi era titolare di una “agenzia libraria” in via Silvioli.
Altrettanto interessante è la scoperta delle titolazioni di vie e di quartieri, alcune delle quali ormai consegnate all’archivio della storia poiché soppiantate da altre, ma ancora presenti nell’elenco degli anni Sessanta e in taluni casi persino ‘con-viventi’ le nuove con le vecchie: è il caso di via Umberto I o di viale della Vittoria, scomparsi in favore rispettivamente di un tratto di corso Martiri della Libertà e di viale Marconi, o di via Vittorio Emanuele (l’attuale via XXV Aprile) e di via Segheria Nuova corrispondente all’odierna via Abate Fracassino.
Un paio di abbonati risiedevano nel “Villaggio La Famiglia”, oggi quartiere Marcolini, altri nel “Vill-aggio San Pancrazio” divenuta una traversa di via Mantova. È un passato ricco di storia e di notizie quello che anche un semplice foglio della guida telefonica dell’epoca consente di fare, un percorso nella Montichiari economica, sociale, civile che corre parallela allo sviluppo e ai cambiamenti vissuti dalla telefonia fissa e su cui ritorneremo nel prossimo numero di Paese Mio con l’intervista a una delle protagoniste del tempo.
Federico Migliorati