Un anno in Giappone consente di osservare con distacco la propria realtà quotidiana, la famiglia, la scuola. È quel che è accaduto a Federica Perez, studentessa della classe quinta del nostro Liceo economico-sociale, che ha partecipato al progetto Scambio Giovani organizzato dal Rotary di Montichiari.

Da sempre attratta dal dualismo del Giappone, terra ultramoderna e al contempo saldamente legata alle sue tradizioni ho avuto l’op-portunità di andarci e venire accolta dal Distretto Rotary di Fukaya, città della prefettura di Saitama, poco a nord di Tokyo.

Il compito dei distretti è non solo di ospitare i ragazzi ma anche organizzare attività per permettere loro di entrare a contatto con la cultura locale e vivere un’esperienza di full immersion. 

Tante le attività interessanti che ricordo con piacere e mai mi sarei immaginata di vivere: un giro in una barca tipica sul fiume che circonda il sito di Nikko, patrimonio del-l’Unesco, dove c’è il ponte rosso sacro chiamato Shinkyo, diverse gite in montagna nel territorio di Gunma praticando sci, sport che là ho scoperto di amare tanto. 

Il Rotary mi ha aperto le porte a tante altre attività, come ad esempio una riunione di un altro Club Rotary e un’intervista al giornale della città.

Gli studenti di scambio vivono con più di una famiglia ospitante, per avere una visione a 360 gradi di cosa significhi stare là. La mia prima famiglia ospitante erano i Matsuba, due genitori impegnati al lavoro 7 giorni su 7, con l’unica eccezione della domenica pomeriggio. Molti potrebbero vedere ciò come un aspetto negativo, ma ciò mi ha permesso di conoscere quella che è realmente la normalità di quel Paese, dove la vita è quasi completamente incentrata sul lavoro e sullo studio.  

Inoltre avevo due sorelle ospitanti: una di 24 anni in maternità e una di 21 anni che lavorava all’aeroporto di Tokyo, il che le permetteva di tornare a casa un paio di volte al mese. 

I Matsuba mi hanno accompagnata in questa avventura, insegnandomi la lingua, la cultura, le usanze e tutto ciò che a parer loro era necessario conoscere. 

Purtroppo non ho potuto trasferirmi nella seconda famiglia a causa della diffusione della pandemia da Covid-19.

L’attenzione dei giovani è rivolta principalmente alla scuola e cosi è stato anche per me.

La giornata scolastica media è molto più lunga che da noi: per esempio, io ero impegnata a scuola sei giorni a settimana dalla mattina fino alle sette o addirittura otto di sera, questo perché non solo gli studenti sono dediti allo studio, ma anche perché ogni tipo di attività, a cui noi di solito in Italia partecipiamo in contesti esterni alla scuola, in Giappone si svolgono proprio lì.

Io per esempio ho partecipato al club di teatro inglese e a quello di pallavolo.  

Alla competizione regionale di teatro ho recitato nel “Macbeth” di Shakespeare nell’ambito del volley ho compreso meglio le dinamiche dello sport e assistito a numerose partite, non solo di pallavolo, ma anche della Copadel Mondo di rugby. Un rammarico è non aver potuto partecipare alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi; mi sono consolata visitando a Tokyo il museo dedicato ai giochi olimpici, dove ho incontrato la ministra dello sport Seiko Ashimoto.

Fantastico è stato il dover comunicare quasi sempre in giapponese, lingua che allora non conoscevo poi cosi bene, e l’interazione con persone di ogni età in un contesto molto formale, parlando di una esperienza, la mia, ancora in fase di svolgimento, che può sembrare una sciocchezza, ma è alquanto difficile elaborarla mentre la stai ancora vivendo.

Altro aspetto importante è il multiculturalismo. 

Non solo conosci la cultura del paese che ti sta accogliendo, ma entri anche in contatto con la cultura di tutti gli altri ragazzi di scambio. Io, ad esempio, ho avuto la possibilità di conoscere le culture francese, spagnola, americana e svizzera, oltre che (attraverso alcuni ragazzi giapponesi) quelle tailandese, messicana e taiwanese. Spesso siamo stati chiamati a parlare della nostra cultura, delle nostre usanze e addirittura anche dell’aspetto politico del nostro Paese, comparandolo con quelli degli altri, con uno scambio continuo di idee che mi ha aiutata a diventare cittadina del mondo.

È stata un’esperienza travolgente. 

Ho imparato a cavalcare l’onda e non lasciarmi trasportare dalla corrente, sviluppando una maturità diversa, lavorando duro e diven-tando la persona che sono oggi, una nuova versione di me.

Federica Perez