Un talento sbocciato in fretta, grazie ad una passione innata e ad un lavoro costante su se stesso: il ruolino di marcia di Gian Marco Pellecchia, 29enne monteclarense con sangue partenopeo nelle vene e da qualche anno residente a Parma, è tutt’altro che ordinario e rappresenta un esempio per quei giovani che si impegnano con abnegazione nei più vari settori.

Ma andiamo con ordine.

È ancora piccolo il nostro protagonista quando, con il nonno, gli capita di frequentare i teatri napoletani per assistere alle rappresentazioni: rimane colpito ogni volta che sul palcoscenici si alternano gli attori, forse già in sé nutre la speranza di diventare come loro, da grande.  È pero durante gli anni di scuola superiore, quando è studente liceale al “Copernico” di Brescia, che ha modo di approcciare il mondo del teatro nei laboratori tenuti da Fabio Banfo, attore e regista che per il monteclarense rappresenta il primo “aggancio” con tutto ciò che è scena e che sarà fondamentale per il suo futuro. Iniziano così i corsi scolastici e arrivano, con essi, i primi successi con i premi vinti nell’ambito dei concorsi tra istituti: Gian Marco si fa presto notare come miglior attore negli spettacoli dedicati a Cyrano e Amleto.

È l’avvio di una carriera promettente, ma la strada verso il successo è irta di ostacoli, complessa ed articolata.

Anche per questo prende la decisione di intraprendere gli studi universitari: una buona base culturale è fondamentale, soprattutto qualora non si centrino gli obiettivi prefissati.  Con la laurea magistrale in Lettere Moderne in tasca, è a Milano che il giovane monteclarense debutta, al Teatro Verga: vince il Premio Hystrio “alla vocazione”, riservato ai talenti Under 30 e da qui il suo percorso comincia a farsi notare dai nomi che contano.

Si aprono collaborazioni importanti, arrivano lavori assieme alla regista bresciana Monica Conti, si mettono in campo attività teatrali sempre più significative e c’è spazio altresì per una tappa televisiva nel 2015 con il film “La freccia del Sud”, di cui è regista Ricky Tognazzi e nel quale Gian Marco interpreta il protagonista di Elio Gamba, judoka bresciano che vinse le Olimpiadi di Mosca del 1980. Si sposta a Parma, città che gli apre le porte del Teatro Due con il quale, per il tramite del regista Vincenzo Picone, la collaborazione si fa sempre più intensa tanto da portare in scena a più riprese lo spettacolo “Hikikomori”, incentrato sul comportamento di disagio sociale diffuso tra i giovani giapponesi, ma ormai pericolosamente in crescita anche nell’Occidente.

In questo caso Gian Marco interpreta uno dei due protagonisti, nello specifico il figlio, colui che si rinchiude in camera per non avere più contatti con la società, un dramma silenzioso che anche grazie al teatro viene portato all’evidenza pubblica. “Hikikomori” è un lavoro di ricomposizione drammaturgica che mischia Kafka, Beckett, Dürrenmatt in una sintesi efficace ed emotivamente coinvolgente. 

L’attore monteclarense, però, non si limita più ad interpretare ruoli scritti da altri, ma già da anni interviene anche nella stesura dei testi e con “Comoedia” è lui stesso ad essere autore del copione e personaggio sul palcoscenico: il monologo ha successo, ultimo quello riscosso al Teatro Mina Mezzadri di Brescia, e gli è valso due premi nel 2013 e nel 2018 nel-l’ambito di concorsi promossi dalla Fondazione Artioli di Mantova.

“Comoedia” consente allo spettatore di immergersi nel mondo delle maschere della commedia dell’arte antica, in pieno Seicento, dove il protagonista emerge per la sua capacità di farsi veicolo di conoscenza e di sbeffeggio di certi comportamenti moderni. Il 2019 si chiuderà per Gian Marco con “Lei”, una pièce che lo vedrà in scena assieme alla compagna Giulia Pizzimenti per la regia di Alessandro Gallo e con il sostegno di Regione Emilia Romagna per lanciare un messaggio contro lo sfruttamento della prostituzione.

Sarà un viaggio attraverso la no-fiction che trae spunto da storie di ordinaria violenza, tra schiavitù e ribellione agli inganni che le donne sono spesso costrette a vivere e subire.

Per l’attore monteclarense un altro percorso verso la più compiuta consapevolezza che il palcoscenico è finalmente un traguardo raggiunto, un punto di arrivo e di partenza al tempo stesso, da irrobustire sempre più con impegno, passione e capacità.  

Federico Migliorati