Sabato 27 maggio abbiamo celebrato il centenario della nascita di don Lorenzo Milani con un incontro condotto da Flavio Marcolini, che ha ripercorso la vita e le opere del priore di Barbiana dialogando con gli studenti delle classi convenute. 

L’insegnante ha parlato di lui come di “un uomo libero, consapevole che tutto quello che non è vietato si può fare, purché con l’intelligenza e il cuore aperti al mondo”.

“Don Milani – ha detto – è stato un rivoluzionario, prima dentro di sé che fuori, indisponibile sin dalla prima giovinezza a perpetuare nella sua vita i privilegi della classe sociale di appartenenza: da ricco privilegiato si era fatto l’ultimo prete sulla faccia della terra”. 

“Ma fu anche un uomo molto concreto” ha sottolineato. “Di fronte ai problemi sapeva che bisognava sempre fare qualcosa per risolverli, che si trattasse di costruire un ponte per accorciare la strada verso scuola di un ragazzo, di difendere gli obiettori di coscienza insultati dai cappellani militari, di ingiungere ai genitori di consentire a un loro figliolo di frequentare la scuola”.   

“Sapeva abitare e gestire i conflitti, don Lorenzo, scegliendo la nonviolenza” ha detto Marcolini. “Si era dato un compito, dare la parola agli ultimi, ai poveri, agli esclusi. Voleva dare la parola ai poveri non perché diventassero ricchi, ma perché sapessero difendersi dai loro soprusi”.   

“Ed era un uomo che aveva operato una drastica riduzione volontaria dei bisogni: aveva tutto, non volle più nulla se non amare i suoi ragazzi. Non desiderava per sé niente che il più povero non potesse avere”. 

“Ci manca oggi uno come lui, nella lotta contro la dispersione, in un scuola e in un mondo che puntano alla competizione, che contribuiscono ad aumentare il divario fra le classi sociali. Lui invece lavorava per eliminarle, le differenze di classe, lavorava per consentire ai poveri di farsi strada”. 

La scuola per don Milani non deve servire a produrre una nuova classe dirigente, ma una massa cosciente. Oggi invece essa tende a trasformare i ragazzi in capitale umano, in merce nel mercato del lavoro, in pezzi di ricambio per il mondo così com’è. Fa ancora parti eguali fra diseguali: e lo chiama ‘merito’. Perde per strada i malati e cura i sani, e la chiama “selezione”.